Musica
I Cani live alla Flog di Firenze
29 Aprile 2016, Auditorium Flog Firenze, una data che aspettavo dall’uscita del nuovo album Aurora. Stasera suona la band del cantautore romano Niccolò Contessa: I Cani.
La serata è sold out da giorni ormai. Qualcuno è rimasto fuori e impreca contro se stesso per non aver acquistato il biglietto in tempo.
Il pubblico è tra i più variegati: dal liceale alla matricola universitaria, dal musicista underground all’impiegato d’ufficio che finalmente può iniziare a godersi il week-end. Il concerto dovrebbe iniziare alle 22.30 ma tutti noi sappiamo già come funziona, l’attesa di un’ulteriore mezz’ora è la regola.
Alle 23 Niccolò, invocato dal pubblico, fa la sua apparizione e attacca con il pezzo strumentale Ultimo Mondo per poi passare a Baby Soldato. Inizia così un’avventura e un’impresa da parte del pubblico; il pogo parte inesorabile come il lunedì mattina che segue tutti i week-end. C’è chi salta come un ossesso e chi cade fragorosamente a terra ma ripreso al volo dagli altri spettatori vicini.
Si passa a Protobodhisattva e la storia non cambia, il pubblico si gasa e inizia a sudare forte. Qualche folle si toglie la maglietta e si rilancia nel mezzo. Dopo un saluto a Le Coppie Niccolò delizia i presenti con Asperger per poi passare ad Hypsteria.
Sono passati anni ormai da Il sorprendente album d’esordio de i cani e come un’epifania proustiana penso al temps perdù. Era un’altra vita, un’altra storia, ma sorrido.
Sull’onda dei vecchi successi, Contessa suona una versione inedita e rielaborata di FYBC (Sfortuna), vecchio omaggio ai Fine Before You Came.
Si ritorna al nuovo album con la canzone da cui prende il nome, Aurora.
Ci si immerge nella malinconia con Una cosa stupida e si continua su quel mood con Sparire, ma il pubblico non si butta giù, al contrario si gasa, in linea con il pensiero di catarsi che vede nella tristezza qualcosa che per contrasto può far stare bene.
Il momento soft finisce, si passa nuovamente all’azione con I pariolini di 18 anni, Storia di un artista e Questo nostro grande amore.
Dopo più di un’ora di concerto il pubblico ha ancora la forza di cantare e pogare, quindi non appena Contessa lascia il palco si sente invocare un tonante “Bis” che non tarda ad arrivare con Calabi-Yau e la tanto richiesta Velleità.
Il gran finale è Lexotan, ma appena gli animi stanno per placarsi parte la musica del dj-set e a suonare è Calcutta con Cosa mi manchi a fare quindi il pubblico, ancora tutto all’interno dell’Auditorium, sudato e sorridente continua a cantare.
Dopo questo exploit incredibile si torna fuori, si respira, ci si guarda e si pensa: “questo concerto ci ha reso invincibili/ copertine, viaggi, glamour, fotografi/ l’importante era avere un piano lucido” (semi-cit.).
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