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Best New: Il Paradiso degli orchi
Il Paradiso degli Orchi è una giovane band di Brescia attiva dal 2010. Il loro genere è un crossover di diverse influenze: progressive rock, psichedelia, pop, indie, atmosfere cantautorali, profumi etnici, elettronica. Il Corponauta è un concept ispirato dal libro omonimo di Flavio Emer, scrittore affetto da distrofia muscolare sin dalla nascita che, grazie a un computer, era riuscito a trasformare la sua disabilità in comunicazione. l Paradiso degli Orchi ha magistralmente trasferito il messaggio di Emer in musica e parole, e ce lo raccontano in questa bella intervista.
Il Corponauta è il vostro ultimo lavoro, un concept che si ispira al romanzo omonimo di Flavio Emer: raccontateci meglio di cosa si tratta.
“Il Corponauta” è un romanzo meraviglioso, e non lo dico per convenienza o per tributo. Quando lo si legge (e lo si rilegge) si viene travolti da un oceano colmo di sensibilità, acume, fantasia, padronanza del linguaggio e istinto naturale alla comunicazione. Si rimane davvero catturati dalle immagini e dalle sensazioni di questa storia: Flavio Emer ha immaginato (e in qualche modo vissuto) l’avventura di un pensiero allo stato puro, che vive nel mondo dei pensieri dove tutto è infinito, senza forma e senza tempo, e che decide di esplorare il corpo di un completo disabile per capire quanto possa avere senso la vita umana quando incapace di comunicare, dialogare, muoversi ed essere indipendente. Durante la lavorazione del disco lo abbiamo letto svariate volte e ogni volta si rimaneva stupiti delle situazioni che conteneva, dei contrasti vissuti dal Corponauta. Sin dalla nascita Falvio era affetto da una distrofia muscolare che lo ha costretto sulla sedia a rotelle e a un bisogno di costante assistenza e premura per la sua salute. Nonostante la malattia aveva sempre lottato per comunicare e scriveva con gli occhi grazie ad un particolare meccanismo interfacciato ad un PC, pubblicando libri e collaborando con il Corriere della Sera nella stupenda rubrica “Cronache dalla Carrozzina”. Scrivere gli ha permesso di parlare al pubblico, con un sorprendente tono ironico, dei problemi dovuti alla sua condizione, dei sogni e dei desideri dei disabili.
Quando e come è nata l’idea di tradurre in musica il mondo di Flavio Emer?
Flavio era un nostro compaesano e un amico, lo conoscevo da molti anni, sia come persona che come artista. Da quando ho letto “Il Corponauta” la prima volta mi sono ripromesso di metterlo in musica in un modo o nell’altro. Nel 2011, finito tutto il lavoro sul disco d’esordio ed esaurite le prime date promozionali, stavamo facendo ordine del materiale avanzato legandolo a nuove idee e le atmosfere mi riportarono subito alla mente le immagini de “Il Corponauta”. Portai con me il libro e un lettore mp3 con caricate le prime demo strumentali durante un viaggio di un mese in Perù, cercando di estrapolare più spunti possibile per i testi e legando alla musica le vicende narrate. Quando tornai feci ai ragazzi la proposta di lavorare anche su queste idee e accettarono volentieri, così ne parlai anche a Flavio che, entusiasta, ci regalò una versione integrale del libro senza i tagli effettuati dall’editore. Ci consigliò anche di non legare i testi direttamente alla storia, ma di valorizzare le nostre sensazioni durante la lettura senza ricalcare paro paro il libro ma, anzi, di riscriverlo se necessario; scrisse lui stesso un testo molto significativo per la canzone “Addio al Corpo”. Purtroppo Flavio è scomparso prematuramente nell’agosto 2015 e ci ha rattristato enormemente non poter condividere con lui il risultato.
Dal 2014 collaborate con Fabio Zuffanti: qual è, fra tutti, l’elemento che più vi lega e che vi ha spinto a lavorare insieme?
Con Fabio condividiamo sicuramente l’idea di una musica progressive più figlia dei nostri tempi, con i dovuti riferimenti al suo glorioso passato ma anche con le contaminazioni di tutta la nuova musica che continuamente ci circonda e si rigenera. Noi siamo nati in pieno boom della musica indipendente bresciana, volevamo aggregarci anche noi creando il nostro stile alternativo ma senza avere in mente il progressive. Dall’indie non siamo mai stati accolti ovviamente a braccia aperte e spesso erano gli addetti ai lavori a definirci una prog band e quindi ci siamo avvicinati pian piano a questo mondo. Ci è venuto naturale mandare le nostre demo a Fabio perché la sua produzione musicale è certamente progressive ma piena di svariate influenze e approfondendone la carriera era chiaro che non avrebbe tentato di renderci la copia di qualcosa; si è dimostrato un produttore molto accorto e soprattutto rispettoso delle nostre naturali propensioni riuscendo comunque a incidere la sua impronta.
Da un punto di vista prettamente musicale, quali sono le basi su cui si fondano le vostre sonorità?
Tutto quello che facciamo nasce sempre da lunghe sedute di improvvisazione psichedeliche, infatti, tra i nomi che girano spesso in sala prove ci sono Ozric Tentacles, Pink Floyd, Greatfull Dead, Gong accanto a nomi più moderni come Fliming Lips, Porcupine Tree, Tame Impala, Kasabian, etc… Su disco i pezzi hanno una struttura più ordinata ma spesso dal vivo sfociamo in lunghe cavalcate strumentali. Negli ultimi anni abbiamo farcito tutto con molto prog: uno dei nomi che più facilmente ci accostano è quello degli Yes, che, guarda caso, nascono dalle ceneri di band psichedeliche anni ’60, ed effettivamente è un punto in comune per tutti noi. Abbiamo abusato dei dischi di Mars Volta, Primus, Steven Wilson, Verve, Moon Safari, Beardfish… Ovviamente c’è spazio anche per gli artisti nostrani dagli storici Area, PFM, Orme, Graziani fino alla scena alternativa odierna come Slivovitz, Deus ex Machina, Granturismo Veloce, Teatro degli Orrori, e via dicendo. Questa tendenza ad attingere a piene mani da diversi generi ha sempre più preso piede, anche se spesso criticata perché non permette un’immediata identificazione o un “sentirsi parte di”; a livello commerciale può essere negativa ma, musicalmente, secondo noi è una cosa fantastica. Troveremmo noioso e insensato nel 2016 fare una band in cui le canzoni viaggiano tutte sullo stesso binario.
Perché avete scelto di chiamarvi Il Paradiso degli Orchi?
Qualche sera precedente al nostro debutto ci chiamarono gli organizzatori perché volevano il nostro nome da mettere in cartellone e, ovviamente , noi non ne avevamo scelto nessuno. Al tempo stavamo lavorando ad un reading su Danniel Pennac e mentre ero al telefono avevo per le mani appunto il libro “Il Paradiso degli Orchi”. Decisi di dargli quel nome e anche gli altri furono d’accordo convinti che comunque lo avremmo cambiato. Il concerto andò benone e decidemmo di non cambiare nulla.
In che modo avete organizzato il tour promozionale de Il Corponauta?
Stiamo lavorando per la stagione 2016-2017. Purtroppo a causa di diverse problematiche il disco è uscito parecchio in ritardo rispetto ai tempi preventivati e quindi, nel breve periodo, abbiamo poche date. Il prossimo appuntamento è il 29 Maggio con la presentazione dell’album a Brescia. Grazie al buon riscontro di pubblico e addetti ai lavori durante la Z-Fest organizzata a Milano da Zuffanti abbiamo potuto gettare ottime basi per partire da settembre. Seguite sul sito www.ilpdo.org e sulla pagina Facebook per rimanere aggiornati! Grazie di cuore per questo spazio da parte mia e del resto della band!
Michele Sambrici
a cura di Laura De Angelis
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