Musica
L'intervista: Bobo Rondelli
La poesia di Piero Ciampi è il sacrificio dell’artista che si racconta uomo fino in fondo, in elevatura spirituale altissima, direi francescana. Racconta con eleganza sciagurata e cialtrona un miracolo che solo Livorno può aver partorito.
Il porto di mare di tutti sul mondo. (Bobo Rondelli)
Così Bobo Rondelli ci presenta il suo album, “Bobo Rondelli canta Piero Ciampi”, un omaggio ma anche una vera e propria reinterpretazione di alcune perle preziose del cantautore livornese.
In questa intervista abbiamo parlato di Ciampi, di Livorno, di cosa comporta a livello emotivo confrontarsi con un mostro sacro della musica.
Cosa ti appassiona della figura di Piero Ciampi?
Mi appassiona la scrittura delle canzoni, il linguaggio poetico, forse più vicino alla poesia, che alla canzone; anche le sue frasi belle, semplici, molto dirette, molto avanti rispetto agli altri cantautori contemporanei, un mondo anche un po’ a sé; il suo non essere mai sceso a compromessi con l’industria discografica. Amo anche la sua arroganza, la sua arroganza in senso buono, il suo rovesciare i tavoli apparecchiati.
Com’è nata l’idea di omaggiare l’artista? “Ciampi ve lo faccio vedere io” ha dato sicuramente il via a questo progetto…
Facevo le canzoni dal vivo e così ho pensato perché non inciderle, magari con un disco è più semplice portarle in giro in più serate, semplicemente per dare testimonianza dello spettacolo e diventare un tramite per far arrivare la figura di Piero Ciampi a molti più ascoltatori.
Molti hanno paura di confrontarsi con lui, proprio perché è ormai un’icona per il cantautorato italiano. Ti sei mai sentito sotto pressione da questo punto di vista, durante la realizzazione dell’album?
Sì alle volte questo può prendere, certamente. Sono canzoni della sua vita, però anche tante altre vite vi si rispecchiano. Penso a chi è separato, a chi ha figli, a chi anche semplicemente conosce il concetto del blues. Blues vuol dire anche inventarsi sempre qualcosa per arrivare alla fine del mese, sempre lottare con la vita insomma, quindi per questo non mi sento da meno. Rispetto al suo genio certamente sì. È un po’ come se ad un attore che recita Shakespeare gli si chiede come si sente davanti a Shakespeare. Lo fa! Poi il giudizio della gente non è così importante. È importante nel senso che se va male non mandi in giro lo spettacolo, però tendo a non leggere le critiche dei giornalisti, perché se ne parlano bene poi divento vanesio, se ne parlano male me la prendo, magari (ride), quindi basta essere se stessi giorno per giorno senza troppo accusarsi.
In cosa ti senti simile a lui?
Probabilmente se fossi stato di Memphis avrei fatto tutte le canzoni di Elvis! Scherzo!! Però ovviamente la città di Livorno in Ciampi si sente molto spesso, questo atteggiamento un po’ rissoso, di mandare tutti a fanculo, no? C’è più nel livornese che non nel cilentino questo atteggiamento. (Ride)
Quand’è che la canzone italiana ha perso quella poetica tipica di un certo cantautorato nostrano? Cosa ha cambiato il nostro modo di scrivere?
Mah, secondo me è cambiato anche il pubblico. C’è meno attenzione, c’è il fatto che oggi tutti vogliono essere protagonisti. Abbiamo la tecnologia che fa in modo che su facebook tutti si sentano importanti quando dicono frasi come: “oggi c’è il sole, mi sento felice!” e già si sentono poeti. Quando c’è troppo ego in generale si tende a non ascoltare. Poi abbiamo a disposizione anche tutto questo usa e getta e quindi è difficile soffermarsi, avere sentimenti, c’è il rischio di andare dallo psicologo se uno esce di casa e comincia anche a provare dispiacere per quello che vede nella sua città: licenziamenti, immigrati, uomini grandi e grossi costretti a fare l’elemosina, a me provocano un certo dispiacere, fastidio e anche rabbia.
Il booklet dell’album contiene molti ricordi dell’artista. Chi lo ha realizzato e cosa possiamo trovare al suo interno?
Francamente non me ne hanno ancora dato una copia, quindi lo devo ancora vedere (ride). Però so che l’ha curato John Vignola. Io di Ciampi ho letto troppo e tutto, perciò ora che sono arrivato a questo traguardo ho voglia di essere più leggero al riguardo. Anche perché cantare Ciampi poi comporta una certa pesantezza. Un conto è che uno spettatore viene e può commuoversi una volta, ma cantarlo per tre volte di fila è come portare due volte un fardello. Se ti immedesimi, certe canzoni ti ci portano.
Qual è la canzone che senti più tua?
È difficile, a questo non so rispondere. Ce ne sono diverse, tutte trattano diversi argomenti. Lui in genere racconta l’amore, ma attraverso l’amore esprime queste frasi di fallimento, vissuto anche come uno stato di grazia. Il fallimento è rappresentato da un uomo eroico che è anche più vicino a Dio, per certi aspetti. Ciampi la figura di Cristo la nomina spesso. Una delle più belle forse è “Sporca estate”, ma anche “Adius” o tra quelle vecchie “La polvere si alza”.
Egle Taccia
http://credit-n.ru/zaymyi-next.html