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Best new: Gli Idealisti

Redazione Urban

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Band romana nata alla fine del 2011, Gli Idealisti si definiscono “un po’ rock e un po’ romantici, instancabili intrattenitori da osteria e distinti tessitori di melodie raffinate intrise di parole”. Ho raggiunto Antonio Granatiero, fondatore, cantante e chitarrista del gruppo, per parlare del loro primo album “L’Adorazione dei Nomi”, certo, ma anche di semiotica e attualità.
 Leggendo il nome della vostra band mi è subito venuto istintivo collegarmi alla filosofia, a quegli Idealisti che privilegiavano la dimensione ideale rispetto a quella materiale, affermando che l’unico vero carattere della realtà fosse di ordine spirituale. Qual è la genesi di questo progetto che porta con sé già una fortissima dichiarazione di intenti nel proprio nome?
Cavolo, impegnativo come inizio. “Gli idealisti, muoiono poveri!”, così mi dicevano nei loschi ambienti famigliari anni ’90, lamentandosi del mio carattere e della mia disciplina. Io, per quel poco che capivo, badavo solo ad ascoltare i Nirvana e a fare quello che mi piaceva, senza curarmi del resto. Oggi, che ripasso il passato e tengo fortemente d’occhio il presente (il futuro continua a non convincermi troppo, così come si vede da lontano) mi pare di aver fatto una buona scuola, seguendo l’istinto e coltivando, un seme alla volta, tutto quello che desideravo essere.
Fatta questa lunga e forse inutile introduzione, rispondo. Quando ho messo su Gli Idealisti desideravo che già nel nome ci fossero le basi di una lunga gestazione spirituale; il senso è nelle parole, nel significato profondo che per desiderio e per onestà, non possiamo tralasciare, ancor più per chi come noi si fa portatore sano di un significato a lungo termine. Personalmente ho sempre creduto nella redenzione dai falsi miti, dall’inutile bisogno di incastrarsi stretti-stretti nel sistema per poter essere accettati, quando la naturalezza di quello che siamo quando facciamo quello che ci piace, la nostra genuinità, è direttamente proporzionale alla nostra capacità sentirci liberi. Credo ad ogni modo di non aver risposto per bene alla domanda.
Sempre a proposito di nomi, passiamo subito al vostro esordio discografico, “L’Adorazione dei Nomi”, sul cui titolo mi sono interrogato molto: i nomi sono certamente utili, ma perché adorarli? Forse perché identificano e distinguono, cristallizzano e legano indissolubilmente significato e significante e possono risuscitare immagini, suoni e profumi sepolti nella memoria. Ci sono andato vicino?
Ci sei andato molto vicino. Il punto è che nella distanza si rafforzano i legami con le cose che ci mancano. Adorare i nomi è un principio: il nostro giudizio, la nostra soggettività, il nostro piacere (e non di meno il dispiacere) sono legati da un filo inspessito dall’esperienza. Ogni cosa vive e rappresenta per noi un valore che si coltiva nel tempo, spesso anche da solo, nell’assenza. I nomi non sono altro che un richiamo per delle sensazioni superiori. Un odore, un sapore, una sensazione di felicità frenetica, sono richiami, tensioni di quel filo che ci appartiene e che segnerà per sempre la nostra vita… ma la verità è che io non sapevo come chiamarlo quest’album, che nasceva come una raccolta di pezzi vecchi, se così si può dire, suonati come se fossero giovani, ma volevo e desideravo che avesse un bel nome, desideravo che tutti lo ricordassero con facilità ed è qui che mi sono interrogato su cosa fosse giusto per me e cosa per chi lo ascoltasse. Cose diverse mi sono detto. Da qui un nome che nient’altro vuole essere che un richiamo singolare per ognuno di noi. In sostanza, chiamalo come ti pare, l’importante è che ti arrivi allo stomaco e ti permetta di ricordare qualcosa di bello.
“L’Adorazione dei Nomi” è un viaggio in treno fra Seattle ed il Gargano mentre si legge un libro di Vinicio Capossela lamentandosi della cuccetta. Almeno, questo è stato il mio trip mentale, suggestionato dall’ascolto dei vostri brani: com’è nato in realtà questo disco e da cosa è stato influenzato?
Bellissima immagine, complimenti. Ho deciso che te la rubo e mando in ristampa il disco con questa scritta sul retro. Scherzi a parte, le influenze sono tantissime, comprese quelle stagionali. In una band poi, è un esercizio continuo far piacere una cosa o un’altra a tutti durante le session di arrangiamento. Io sono cresciuto con i Beatles e con il Grunge di Seattle, per poi innamorarmi del cantori Folk Garganici, il bassista, Victor, è cubano e se dipendesse da lui sarebbe tutto costruito sulla base di un cha cha cha, il nostro Fisarmonicista, Maestro Cistarill – in arte Francesco – adora De André e suonare le tarantelle alla festa del cinghiale porchettato mentre il batterista, Fabio, ha un’impostazione da Rocker nostrano, ma compone musica sintetica/industrial/prog/altro. Direi che già questo basta per sedersi, accendersi una sigaretta…pausa di 40 secondi…e dire: suoniamola come ci viene! Di Capossela meglio i dischi, ho letto entrambi i suoi libri, continuo a preferirlo nelle cuffie.
“Mare Mare” è omaggio del cantante Antonio Granatiero alle proprie origini pugliesi, ma letto alla luce dei recenti avvenimenti di cronaca sembra quasi un inno per i comitati NoTriv e No Energas/Q8. In che modo l’attualità entra nel processo di scrittura di un Idealista?
Ogni tanto mi chiedo: ma com’è possibile che siamo arrivati fino a questo punto? Mi spiego meglio. Com’è possibile che qualcuno che ha come me i capelli, le orecchie, un naso, le mani, magari dei figli, riesca a compiere delle azioni così…così…non mi viene un termine abbastanza dispregiativo per dirlo. Difendere la propria terra, ma tutta la terra, non solo il giardinetto di casa, è un dovere spirituale di tutti gli uomini, anche per quelli che non hanno capelli, orecchie, nasi, mani e figli. Sapere che un territorio è sempre sotto attacco da parte delle istituzioni che, senza fare troppi giri di parole, democraticamente dovrebbe assicurare il benessere di tutti, mi manda nello sconforto e mi fa arrabbiare, tanto. Con Gli Idealisti cercheremo di fare tutto quello che possiamo per dare voce a questa battaglia e sensibilizzare più persone possibili su questo tema. Se MareMare, storia di un romantico emigrante terrone che lascia la sua casa, può essere o diventare una colonna sonora per tutti i movimenti di tutela del mare e della terra, non posso che esserne profondamente orgoglioso.
In ultimo, l’attualità entra sempre dalla porta principale, il vero problema è capire da dove esce. Nelle canzoni che ho scritto c’è sempre un pizzico (q.b.) di attualità, anche se non si vede, anche se spesso è nascosta da smielate storie di amore e dal racconto di lunghi periodi blu.
Il mondo moderno è troppo brutale per i sognatori e gli idealisti, che, sospesi nella nebbia, rallentano prima di affrontarlo. Qual è l’antidoto de Gli Idealisti a questa realtà disumana?
Io credo che il mondo moderno stia cercando la sua vera forma scavando nel passato, per questo arranca ed è confuso. Abbiamo perso un po’ tutti l’identità, siamo schegge impazzite, concentratissimi su noi stessi, sul lavoro, dimenticandoci molto spesso di quali sono le cose essenziali per essere felici. Io non ho un antidoto segreto e come tanti soffro la pressione dei tempi, delle cose da fare, degli impegni, ma cerco sempre di non dimenticare chi sono e da dove vengo, tutto quello che ho imparato e, soprattutto, in che modo, cercando di lasciare sempre un po’ di spazio per i sogni, per i progetti, per fare delle cose che mi fanno stare bene, per coltivare i sentimenti.
Per concludere la chiacchierata, ho letto che siete in tour per presentare il nuovo album, dove possiamo vedervi dal vivo? E cosa avete in mente per il futuro?
Siamo di base a Roma come Band e qui abbiamo la maggior parte dei club e dei locali che ci ospitano con piacere per i nostri live, piacere che viene quasi sempre infranto dalla lista infinta di alcolici che disintegra il nostro cachet, per questo continuiamo ad amare la musica. Sulla nostra pagina Facebook teniamo il resoconto delle nostre avventure, compreso l’elenco delle date da qui ad aprile 2016, chiunque voglia venire a sentirci dal vivo, può semplicemente fare un clic sul pulsante like delle fapage e seguire le semplici istruzioni per diventare un militante Idealista.
Per il futuro abbiamo in mente un secondo disco a fine settembre, la speranza di trovare una casa discografica che voglia accollarsi questa band di disadattati, una partecipazione a Sanremo dove come gli Who distruggeremo tutti gli strumenti al grido “ridateci Pippo Baudo”, una start-up che macina milioni di euro, qualche figlio in giro per il mondo e un cane che chiameremo Eddy.
Fabio Fontanaro
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