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Best New: I Betularia tornano con Pura Sopravvivenza

Redazione Urban

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I livornesi Betularia ci presentano  Pura Sopravvivenza:  al titolo dell’album potete dare il significato che più sentite vostro, ma noi di UrbanWeek, con questa intervista,  vi diamo una mano a cogliere meglio il senso di brani in cui concretezza e natura immaginifica si fondono piacevolmente in un unico linguaggio
 
Il vostro ultimo album  Pura Sopravvivenza  esce a distanza di sei anni da  La stanza di Ardesia:  cosa è cambiato nel frattempo e cosa, invece, è rimasto intatto nella musica dei Betularia?
Fra i due album c’è una pre-produzione del 2011 che per motivi interni al gruppo non ha avuto seguito. Nel web si trova sotto il titolo “Tracce”, una raccolta di canzoni molto violente e nette, diversamente da “La stanza di Ardesia” che, invece, ha atmosfere nebulose, quasi new-wave, praticamente l’opposto di “Pura Sopravvivenza”, un disco semiacustico e romantico. Non c’è stato un periodo di stallo, piuttosto una ricerca continua. Betularia è mutamento, quello naturale, e noi lo assecondiamo. Il denominatore comune è la spontaneità delle canzoni, in cui i testi e la musica restano fortemente indirizzati verso l’io dell’ascoltatore.
Di cosa parlano i brani che compongono  Pura Sopravvivenza?
In questo album, diversamente dai precedenti, i messaggi delle varie canzoni sono molto più diretti e compatti anche se sempre largamente interpretabili; siamo sempre nelle fonde vallate dell’io, il flusso di coscienza è il linguaggio che accomuna tutte le nostre composizioni da sempre, ma stavolta la natura evocativa e immaginifica è arricchita da una maggior dose di concretezza.
Da un punto di vista prettamente musicale, le sette tracce del disco presentano degli arrangiamenti  molto scarni che lasciano emergere la vena cantautorale del gruppo. Quando componete vi lasciate trasportare dall’ispirazione del momento oppure ognuno di voi ha un ruolo già definito? Cuore e ragione che rapporto hanno nelle vostre composizioni?
In questo album abbiamo avuto il desiderio di far emergere la vibrazione profonda della voce di Simone, noi la conosciamo bene, ma l’impressione era che la musica l’accerchiasse troppo e la rendesse difficile da percepire. Anche i testi per la loro natura necessitano di spazio e attenzione e c’era voglia da parte di tutti di mettere il messaggio in primo piano. Per quanto riguarda il modo di comporre, l’ispirazione gioca sempre il ruolo dominante. La razionalità entra in gioco più nel lavoro di affinamento e messa a punto della struttura e delle armonie. In genere si forma un blocco iniziale in maniera molto spontanea, poi ci lavoriamo usando anche la ragione ma sempre al fine di creare quell’entusiasmo nel suonarla necessario affinché il pezzo prenda vita propria.
Pura Sopravvivenza  a cosa? Raccontateci meglio perché avete scelto di chiamare così il vostro ultimo lavoro
“Pura Sopravvivenza” è quasi una domanda, ma la puoi vedere come un’esortazione, oppure un miraggio, o anche un rifiuto, una condizione, dipende da come ti specchi nelle canzoni che racchiude.
In due brani, Il ladro di emozioni A testa alta,  Roberto Luti partecipa suonando la chitarra elettrica. Come è nata questa collaborazione e cosa ha aggiunto alla vostra esperienza personale?
Roberto ha partecipato spontaneamente al disco dopo l’ascolto de “La stanza di ardesia”, che a lui piace un sacco, e all’amicizia stretta in qualche serata allegra nelle osterie livornesi. Noi siamo stati onorati del suo interesse e della sua partecipazione e vederlo suonare sulle nostre armonie è stato davvero emozionante, un’interpretazione unica e uno stile inconfondibile, c’è stata una sintonia particolare e crediamo che dalle canzoni si percepisca.
Livorno è la vostra città. Io la conosco bene, conosco il suo fervore culturale e artistico, la magia che si respira insieme all’odore del mare. In che modo Livorno ha influenzato il vostro approccio nei confronti della musica?
Musicalmente non siamo stati molto influenzati da Livorno, siamo sempre stati qualcosa di anomalo rispetto alle tendenze musicali che ci sono state, meno adesso che c’è un ventaglio di proposte più variegato, e che la lingua italiana ha ripreso vigore. Livorno è radicata in noi per tutto il resto, nella sua inquietudine, nelle sue mancanze e nei suoi splendori.
Andrete in tour a far conoscere le vostre nuove canzoni?
Speriamo proprio di sì!
 
A cura di Laura De Angelis
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