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Live Report: Il Teatro degli Orrori a Catania

Il rock non è morto e Il Teatro degli Orrori è venuto a Catania per ricordarcelo!

Per una come me che ama volumi altissimi, chitarre, suoni distorti e tempi dispari, questa è una di quelle occasioni da non perdere!

L’atmosfera al Barbara Disco Lab è quella delle grandi occasioni. Il pubblico ammassato sotto palco attende i propri idoli con trepidante emozione. L’arrivo sul palco della band corrisponde all’esplosione di un boato, sostenuto dalle note energiche di Disinteressati e Indifferenti. Insomma, il live comincia a prenderci a sberle dall’inizio e la potenza dei suoni ci invade immediatamente. Mai il Barbara aveva suonato così!! Per chi del rock ne fa una religione, questo è il massimo!

La Paura ci dà una bella dose di coraggio in questi tempi bui, per proseguire con la lettura del bugiardino di Benzodiazepina, che come lo legge Capovilla nessuno mai! L’energia continua a salire, come se fosse possibile riuscire a fare ancora di più. E’ il delirio!

Il live viene attraversato da momenti di puro noise, math e post-rock, con Francesco Valente in piedi sulla batteria a scandire il tempo con una precisione, violenza e potenza indescrivibili! Si parla di tutto, di guerra, di droga, di indifferenza, di malattie mentali!

C’è chi tiene il palco e chi lo domina come il TDO! Capovilla in posa da vera rockstar, una delle ultime vere rockstar italiane, tiene il microfono in alto mentre il pubblico letteralmente lo idolatra!

Ci parlano di un Paese che non cambia mai, per poi introdurci un brano che è stato scritto per non dimenticare, per non cadere nell’oblio: Genova!

E’ il momento di una pausa per la band. Capovilla resta sul palco a guardarci, seduto accanto alla batteria…il pubblico comincia ad urlare a gran voce: “Discorso!!” Lui continua ad osservarci silenzioso.

La band rientra, mentre Capovilla ci spiega che ci sono canzoni e canzoni. Canzoni brutte; quelle per cui puoi dire che almeno ci hanno provato; quelle simpatiche, perchè a volte è giusto sorridere; quelle bellissime che riescono a suonare una corda del nostro cuore. Per finire ci sono quelle importanti, quelle che hanno qualcosa da dire come “Slint”. Il brano trae ispirazione da “Spiderland”, album che rappresenta una pietra miliare del rock, per poi prendere una strada propria. Il termine “Slint” non esiste nel dizionario inglese, rappresenta un sottilissimo raggio di luce, ci spiega. Questa canzone è nata per fare un po’ il verso a “Washer”, che è uno di quei pezzi che non ti scordi mai.

Questo pezzo per la band ha un valore importantissimo, infatti parla della contenzione meccanica, pratica diventata quasi una regola in caso di TSO, un abuso che spesso viene perpetrato nei confronti di chi vi viene sottoposto. “Ti legano a un letto e ti riempiono di psicofarmaci”. Spiega come possa succedere a chiunque, magari dopo una serata storta, di essere umiliati e ridotti così. Proprio per questo la band aderisce alla campagna contro la contenzione meccanica! Capovilla conclude con una frase emblematica: “Volevate il discorso, avete avuto il discorso!”.

Il concerto, partito come uno schiaffo, si conclude così, con una dolce carezza, con un risveglio da un incubo fatto di tutte le miserie della nostra Italia, del nostro mondo. Ad uno ad uno i componenti della band si ritirano, lasciandoci svegliare dolcemente con il suono di una distorsione.

Se veramente esiste quello che molti chiamano il rito del rock, si è certamente consumato stasera su quel palco!

Egle Taccia
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