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L'intervista: I Tiromancino, il mare e i marinai "Nel respiro del Mondo"

Redazione Urban

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In occasione della loro data catanese ho avuto l’opportunità di intervistare Federico Zampaglione dei Tiromancino. Abbiamo parlato del loro ultimo album “Nel respiro del mondo”, del suo rapporto col mare, della vita dei marinai, di libertà, di cosa pensa dei talent e del cantautorato oggi. Ne è venuta fuori un’interessante chiacchierata che vi consiglio di leggere.

Qual è il “respiro del mondo” che volete farci ascoltare?

Beh questo è un respiro acustico, nel senso che sarà un concerto in trio acustico, una formazione un po’ particolare dove viene fuori anche il lato più intimo e più raccontato delle canzoni. Abbiamo fatto una selezione di pezzi che vengono bene con questa sonorità più scarna, ma nello stesso tempo, per certi aspetti, risultano forse emotivamente più forti, perché arriva la composizione così come è stata fatta, con meno arrangiamenti. Devo dire che questi concerti in trio anche musicalmente sono molto stimolanti, perché sei meno protetto dall’ intera band, dalla struttura troppo grande e torni a suonare più sul pezzo.

È un’anticipazione di quello che sarà il tour invernale?

Il tour invernale sarà con tutta la band, quindi no. Questo è un tipo di concerto particolare che abbiamo fatto quest’estate. Devo dire che siccome le canzoni hanno un’anima abbastanza romantica e narrativa, questo concerto si presta a questo tipo di interpretazione. Per questo motivo siamo contenti di suonare qui stasera, perché siamo convinti che il pubblico catanese, che è molto caldo e molto amante di certe sonorità acustiche, possa apprezzare.

In questo album avete sperimentato nuove sonorità. Cosa ha ispirato questa ricerca musicale (penso a Molo4)?

Stasera facciamo Molo 4 in una veste più minimalista e più acustica, però proprio per questo le percussioni escono fuori molto bene, perché ovviamente, non essendoci la batteria, tutta una serie di sonorità molto delicate, create con le percussioni, trovano un bello spazio.

Il mare è la trama su cui si snodano le canzoni. E’ un elemento importante nella tua vita?

Il mare sicuramente è un elemento importantissimo, io non sono un grande amante della montagna, ho sempre amato il mare e lo ritengo fonte di ispirazione perché è una sorta di grande anima che ti ispira e che ti manda continuamente suggestioni, immagini anche molto belle. Tanta letteratura, tanto cinema, tanta musica sono ispirate al mare, tra cui anche questo disco.

Invidi qualcosa alla vita dei marinai?

Invidio un po’ sicuramente il loro contatto così costante con la natura e la possibilità di fare una vita così tanto avventurosa.

La libertà può diventare una prigione?

La libertà va usata nel modo giusto, è comunque una grande possibilità. La libertà va sempre rispettata e accolta a braccia aperte perché essere costretti a fare cose che non ci piacciono, in situazioni che non vogliamo, con persone che non vogliamo, poi alla lunga si rivela una cosa terribile per l’essere umano.

I talent hanno messo un po’ da parte il cantautorato. Per i giovani cantautori è più difficile emergere oggi?

Penso di sì perché nei talent si dà spazio soprattutto agli interpreti, anche con delle voci belle e potenti, però in questi anni è stato messo in secondo piano l’aspetto della costruzione del cantautore. Detto questo delle ottime realtà cantautorali stanno emergendo, penso ad un artista come Calcutta, che è anche un nostro amico e un simpaticone, un ragazzo sveglio e particolare, quindi poi probabilmente chi ha veramente qualcosa da dire in qualche modo la riesce a dire anche oggi.

La cosa più assurda capitata in tour?

Me ne sono capitate talmente tante che dirtene una è difficile. Ci sarebbe da scrivere un libro; cose divertenti e cose un po’ meno divertenti. La vita di chi sta in tournèe è un po’ come quella del marinaio, devi essere pronto a tutto.

Dall’autunno partirete in tour nei teatri. Qual è il tuo rapporto col teatro, lo preferisci ad un festival o ad un palazzetto?

Sicuramente ad un live in un palazzetto lo preferisco, perché il teatro comunque è una dimensione in cui l’acustica è sempre sotto controllo e si riesce a tirare fuori un bel suono, magari a volte non troppo alto, però la qualità del suono di solito è ottima, mentre nei palazzetti per esempio no, nel senso che devi fare i conti con un forte rimbombo e per il tipo di musica che facciamo noi, dove ha molta importanza ogni singola parola, se vengono perse delle cose è un peccato. Quindi per noi la dimensione ideale è dove abbiamo suonato quest’estate, nei festival, nelle arene e negli anfiteatri estivi e questa di stasera è una cosa ancora più particolare, perché suoniamo in un locale all’aperto e in acustico. Amo gli spazi dove il suono è pulito, questi sono gli spazi giusti per noi, dove i testi vengono valorizzati, dove vengono messe in luce le sfumature della musica e degli strumenti. I palazzetti sono troppo caotici.

Egle Taccia

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