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L'intervista: Moustache Prawn

Redazione Urban

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I Moustache Prawn si sono esibiti recentemente a Catania, all’Opera Commons, dove ci hanno regalato una serata ad alto tasso energetico, grazie alla loro musica trascinante. Poco prima del live li ho incontrati per farmi raccontare la loro storia e conoscere meglio il loro ultimo album “Erebus”, il cui nome sembra ricordare il dio della notte, ma che in realtà prende spunto dal vulcano Erebus, situato in Antartide.

Curiosi di conoscerli meglio?

Ci raccontate la vostra storia?

Noi nasciamo nel 2012, quando è uscito il nostro primo disco “Biscuits”. Abbiamo suonato un po’ in giro in Puglia, poi ci siamo spostati anche fuori, abbiamo suonato tanto, abbiamo partecipato a dei festival. Poi nel 2015 abbiamo fatto il secondo disco, abbiamo collaborato con MarteLabel e Piccola Bottega Popolare. In realtà suoniamo insieme dal 2008, facevamo le cover, eravamo piccoli, avevamo 14-15 anni. Poi dal 2010 abbiamo deciso di creare il progetto Moustache Prawn e di scrivere canzoni inedite in inglese. Da lì sono nati i primi brani e da lì è nato il primo album Biscuits uscito nel 2012 con l’etichetta Piccola Bottega Popolare di Alberobello. Dopo abbiamo suonato in giro, soprattutto in Puglia e nel 2015 è stato fatto uscire il secondo disco, “Erebus”, che ci sta fortunatamente portando in giro per tutta Italia, in collaborazione con Piccola Bottega Popolare e Martelabel.

Avete suonato anche all’estero, che differenze avete riscontrato tra il pubblico straniero e quello nostrano? Sono più attenti?

In America si prendono a calci, si buttano le lattine di birra addosso, si fanno veramente del male, poi dipende; abbiamo suonato in Inghilterra, a Londra, lì la scena musicale è standard e sono abbastanza abituati al genere musicale che facciamo, abbiamo avuto un bel riscontro in quello che facciamo. Tutto sommato abbiamo avuto un  bel riscontro sia in Germania che in Inghilterra, ma anche in America e a Budapest, dove abbiamo suonato allo Sziget. E’ davvero un altro mondo.

Ci parlate di Erebus, il vostro ultimo album?

Abbiamo deciso di fare un concept album alla maniera dei dischi anni ’70, abbiamo scritto un racconto e in base a questo racconto abbiamo scritto i brani del disco e abbiamo creato un concept album su una storia di fantascienza ambientata in Antartide, in cui ogni brano segue passo passo il racconto. Questa pulce ce l’ha messa nell’orecchio Gianni Maroccolo; abbiamo fatto un incontro con lui e ci ha parlato dell’idea di fare un concept album e noi abbiamo preso la palla al balzo e abbiamo fatto come ci ha consigliato. E’ stato un buon consiglio.

Col titolo c’entrano qualcosa la notte, le tenebre?

Erebus è il dio dell’oscurità…Il titolo ha diversi significati in realtà. Per esempio è una montagna che sta su Marte, oppure è un vulcano dell’Antartide dove c’è stato un disastro aereo. Un aereo è precipitato nel cratere di questo vulcano, dove sono morte migliaia di persone… poi sì, è il dio dell’oscurità, ci piaceva il nome “Erebus”, corto ed efficace.

State lavorando a nuovi brani?

Al momento stiamo pensando di mettere su qualche pezzo nuovo per un eventuale terzo disco e penso che ci metteremo mani presto. In realtà adesso giriamo, perché stanno uscendo molte date, quindi non stiamo pensando molto al terzo disco. Pensiamo a suonare in giro, poi comunque verso fine anno finiremo, una volta finito il tour ci metteremo in studio e faremo qualche canzone.

Egle Taccia

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