Musica
L'intervista: Gemitaiz
Una carriera sempre in ascesa, accompagnata dalla voglia di rimanere lo stesso ragazzo di 10 anni fa. “Nonostante tutto” è l’ennesima conferma del successo di Gemitaiz, con cui mi sono divertita a curiosare sul mondo del rap, sui suoi ascolti e sui suoi ultimi progetti, provando a chiedergli anche qualche piccola anticipazione sul futuro.
Gemitaiz il 4 agosto si esibirà al Revolution Camp di Marina di Massa, una vacanza pensata per gli studenti delle scuole superiori, per gli universitari e per tutti i giovani che hanno voglia di confrontarsi e scambiarsi opinioni, ma soprattutto di divertirsi insieme. Una possibilità di approfondimento su vari temi, con workshop e tantissimi concerti.
Ecco la chiacchierata con Gemitaiz!
-“Nonostante tutto” è l’ennesimo successo di una fortunatissima carriera. Che tappa rappresenta nel tuo percorso? Chi è oggi Gemitaiz?
“Nonostante tutto” rappresenta la mia vera identità, credo sia un lavoro che avrà modo di essere apprezzato anche tra qualche anno, è la mia piccola perla penso, ovviamente parlando in base ai miei gusti, non so sia così anche per i miei fan.
Gemitaiz oggi è lo stesso ragazzo di 10 anni fa, che passa l’80% del suo tempo libero in studio e cerca di dare il massimo sotto il punto di vista creativo e produttivo. Sono fissato con la sperimentazione e amo mixare i generi musicali, qualsiasi essi siano. Perchè ogni genere musicale ha la possibilità di stravolgerti, devi solo saper scavare a fondo.
-Il disco vanta numerose collaborazioni, ci presenti i tuoi ospiti?
Sul disco ho chiamato artisti che conosco di persona e rispetto sia musicalmente che di persona. Sono tutti artisti affermati per quanto mi riguarda e ognuno ha un particolare modo di scrittura e metrica. È bello trovare il rapper giusto per la base giusta, sono tipo scommesse per me.
-Oggi il rap è il genere che sta assolutamente dominando la scena musicale. Spesso venite definiti come i nuovi cantautori. A cosa pensi sia dovuta questa grande attenzione verso la vostra cultura? Qual è la caratteristica stilistica che riesce a farlo arrivare a così tante persone?
Veniamo chiamati i nuovi cantautori perchè effettivamente lo siamo. Quelli che un tempo erano gli esempi del cantautorato italiano sono svaniti. Nelle canzoni c’era passione, si raccontava qualcosa che si era vissuto, si parlava della vita. Adesso la maggior parte delle canzoni che rappresentano la musica italiana le trovo insipide, ripetitive, sterili.
Ormai da troppi anni la gente sente la stessa canzone alla radio e non se ne accorge. Il rap è più diretto, arriva subito e ha la capacità di farti sentire parte di qualcosa, che siano i problemi quotidiani di tutti o la felicità per aver trovato l’amore.
Noi raccontiamo di noi stessi delle nostre ansie, delle paranoie, delle sconfitte e delle vittorie, e siamo tutti diversi. Ognuno ha il suo immaginario e il suo modo di comunicare con l’ascoltatore. La musica italiana di oggi è tutta uguale, potremmo scambiare i nomi degli artisti e i titoli delle loro canzoni, non se ne accorgerebbe nessuno.
-Rap ultimamente sta diventando sinonimo di sperimentazione e ricerca sonora, ricerca che nel tuo caso svela un lavoro eccezionale. Black music, tradizione, innovazione, sembrano i segreti dei tuoi suoni. Dove cerchi l’ispirazione prima di chiuderti in studio per registrare?
L’ispirazione viene necessariamente da altra musica. Ascolto di tutto. Dalla techno alla musica classica, dai Carmina Burana ai Daft Punk passando per Micheal Jackson, Eminem, i Beatles e Chet Faker. Non mi pongo alcun limite e ho la fortuna di aver incontrato persone che la pensano come me e mi permettono di esprimere al meglio quello che vorrei, persone come Frenetik & Orang3 o Mixer t, che mi aprono letteralmente la strada per arrivare all’obiettivo desiderato.
-È da poco uscito il video di “Nonostante tutto” che vede la partecipazione dell’attore Francesco Montanari e dei ragazzi di Omnes Artes con cui hai già collaborato per la colonna sonora dello spettacolo teatrale “Cattivi ragazzi”. Ci parli di come vi siete incontrati e di cosa ti ha spinto a collaborare con loro?
Con Francesco ci conosciamo e lui mi parló di questo spettacolo che stava preparando con i ragazzi di Omnes Artes, mi diede il copione e mi disse “leggilo e famme sapè”.
Lo lessi, era una bella storia. Raccontava qualcosa di reale e di cui non si sente parlare spesso, la vita in un riformatorio. Andai in studio dai ragazzi Frenetik e Orang3 e gli spiegai di cosa parlava lo spettacolo, io avevo già qualcosa scritto e cosi provammo a immedesimarci in quelli che potevano essere i suoni che rappresentassero la prigionia, il rimorso ma anche la speranza di essere liberi e felici. Uscì fuori “Domani”, una traccia tra le più belle del disco secondo me.
-Stare insieme è meglio di essere divisi?
“Stare insieme è meglio di essere divisi” è un riferimento generale a tutto quello che viviamo ultimamente nel mondo. È il mio urlo nell’assordante realtà dell’egoismo.
La tappa al Revolution Camp di Marina di Massa è solo una delle tantissime date di un tour eccezionale. Chi ti sta accompagnando sul palco e cosa dobbiamo aspettarci dal tuo show?
Sul palco mi accompagnano degli amici, prima che dei colleghi. C’è Flavietto (Mixer T) che suona un maschine e una tastiera, Frenetik che suona un maschine, una chitarra acustica e una chitarra elettrica.
Orang3 che suona il basso, il bass synth e la chitarra slide. Alla fine, ma non meno importante, alla batteria e alla batteria elettronica abbiamo Danilo Menna, una giovane promessa romana che è una macchina da guerra.
Dallo show potete aspettarvi un gruppo di ragazzi che amano la musica e danno il 100% sul palco.
-I festival si stanno sempre più aprendo a nuovi generi, a tal punto che spesso tra il pubblico si mescolano categorie di ascoltatori eterogenee e purtroppo capita che a volte manchi il rispetto nei confronti degli altri, un po’ come se si trattasse di tifoserie rivali, quando invece la musica dovrebbe unire. Hai notato anche tu questo fenomeno?
Non ho mai notato questa rivalità così accesa per fortuna. Credo che sia giusto dare un’ opportunità a tutta la musica, come dicevo anche prima.
-Come ti poni nei confronti degli altri generi?
Proprio perchè mi piace condividere quello che ascolto ho da poco creato la mia playlist personale su spotify dove aggiorno settimanalmente con musica per me significativa, in modo che chi mi ascolta possa fare un viaggio nei miei gusti.
-Qual è il tipo di ascolto che nessuno si aspetterebbe da te?
Il tipo di ascolto che nessuno si aspetterebbe da me? Ogni tanto la mattina sento “Let it be” e mi commuovo.
-Hai dei nuovi progetti in cantiere?
Ho sempre dei nuovi progetti in cantiere. Non dico nulla, ma chi mi conosce sa che non sto zitto troppo tempo.
Intervista a cura di Egle Taccia