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Musica

L'intervista: Bandabardò

Redazione Urban

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Uno degli ospiti più attesi del Filagosto Festival, che inaugurerà questa nuova edizione proprio stasera, è certamente la Bandabardò, che domani calcherà il palco di Filago.
Insieme abbiamo parlato di musica italiana, del concetto di band, della loro vicinanza all’ambiente e di quale sia lo spirito migliore per affrontare un festival.
Avete all’attivo più di vent’anni di attività. Com’è cambiata la scena italiana in questi anni?
C’ è sempre grande qualità nelle nuove proposte e più varietà di quando iniziammo noi.
Oggi c’ è il rap, c’ è un forte ritorno cantautoriale, molto uso dell’ elettronica oltre al perdurare di proposte folk. Insomma chi se la passa male sono il rock italiano e il reggae in dialetti vari.
Cosa consigliereste a chi oggi vuole cominciare a fare musica?
Di cercare con forza una propria identità, una propria riconoscibilità. Copiare o fare quello che “funziona” è un terreno minato in cui si rischia l’ anonimato.
Una band è come una famiglia. Qual è il vostro segreto per rimanere uniti, reinventandovi di album in album?
Il segreto è di essere a tutti gli effetti una famiglia, che litiga e si vuole bene, ma che non mette in discussione l’ appartenenza e i vari ruoli interni. I fratelli, i genitori non si scelgono e saranno legati per sempre. Così è un gruppo.
Poi bisogna avere l’ intelligenza di lasciare spazio ad ognuno a seconda delle capacità: se uno è più bravo a scrivere, che scriva lui; uno è più abile nell’ occuparsi di merchandising, è giusto e redditizio che sia lui a portare avanti questa mansione.
Chi vi conosce bene sa che i vostri live sono eccezionali. Il pubblico entusiasta, si scatena sottopalco e si emoziona ad ogni brano. Come avete costruito questo rapporto speciale con le persone?
Umiltà, complicità e gioia. Perché ci scateniamo ed emozioniamo anche noi, in modo genuino e sincero. Diamo tutto ad ogni concerto che ci siano cento o centomila persone. Ma sopratutto non facciamo musica per vanità, ma per sentirci parte di una comunità in festa. 
Voi siete da sempre vicini a varie campagne sociali. Ultima è stata la pubblicazione di una nuova versione de “Lo sciopero del sole”, suonata con strumenti realizzati con materiali di scarto. Il progetto è nato  in collaborazione con Legambiente per sensibilizzare sul tema del riciclo. Ci parlate di com’è nata questa collaborazione e di ciò su cui volete attirare l’attenzione?
Con Legambiente e con la Gaudats Junk Band, un gruppo musicale lucchese, autori del recupero di oggetti buttati e della loro trasformazione in chitarre, batterie, tubofoni, bassi e tutto ciò che è suonabile. Abbiamo usato questi strumenti, affascinanti ed originali per lanciare un messaggio chiaro e molto semplice: invece di buttare, riusiamo, ricicliamo! Questo anche a livello industriale: negli USA l’ industria del riciclo e del riuso ha più addetti dell’ industria automobilistica! Quando si dice che manca lavoro…
State lavorando a nuovi brani?
No, mai in tour. E’ un momento di immagazzinamento dati. Il tour serve proprio per farsi venire ispirazioni varie che poi, a furgone spento diventeranno canzoni.
Parteciperete al Filagosto Festival di cui Urbanweek è partner. Cosa dovranno aspettarsi i vostri fan da questo live?
Umiltà, complicità e gioia come già detto. E’ un live lungo con spazio per canzoni dal ’93 ad oggi, con il continuo divertimento per il pubblico di interagire con canti e danze. Ai nostri concerti nessuno si prende sul serio né sul palco né sotto, si suda, si scherza su tutto anche su noi stessi.
Qual è, secondo voi, lo spirito migliore per partecipare a un festival?
Arrivare curiosi di ascoltare e conoscere le realtà che suoneranno insieme a noi, rispettare i tempi concessi ad ogni artista e divertirsi.
Intervista a cura di Egle Taccia
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