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Musica

L'INTERVISTA: AMYCANBE

Redazione Urban

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Abbiamo fatto una chiacchierata con Mattia Mercuriali degli Amycanbe, band nostrana dal respiro internazionale.
Il loro nuovo album, “Wolf”, rimanda ad un contesto selvaggio ma per questo pieno di libertà, come quella artistica, dato che questo disco rappresenta un nuovo modo di porgersi al pubblico, più ricercato e privo di paletti, senza rinunciare però alle sonorità dei lavori precedenti. In bilico fra passato e futuro, “Wolf” si assesta sul presente, dove chitarre, tastiere ed elettronica minimale incontrano la voce calda e avvolgente di Francesca Amati.
 
“Wolf” è il terzo album degli Amycanbe. Quali sono le novità rispetto al passato?
Le novità sono sia musicali che personali. Siamo cambiati nell’approccio e nella formazione (il produttore degli ultimi 2 dischi ora suona con noi dal vivo..e la cosa ci onora molto), abbiamo cercato di non porci limiti di stile e allo stesso tempo di “rimanere ognuno nei propri ranghi” per quanto possibile. Chi ci ha visto in passato sa che ognuno di noi “gira” per il palco in cerca di strumenti altrui…ecco, in questo disco e nei live abbiamo cercato di limitare questa cosa per poter essere più fluidi e immediati durante i concerti.
Siete una band italiana che si esprime in inglese. Pensate di comporre e cantare in italiano un giorno?
A me personalmente non dispiacerebbe, ma credo che Francesca sia di tutt’altra idea. Cantare in Italiano non le dà le stesse sensazioni che prova e pensa quando canta in Inglese. Credo sia una cosa proprio psicologica!
Ascoltando il disco, ho avuto l’impressione di una maggiore ricerca nei suoni rispetto ai dischi precedenti. Avete dei riferimenti musicali che vi hanno in qualche modo ispirato?
Ecco qui posso esaurire maggiormente la prima domanda. I riferimenti di ognuno di noi sono diversi, alcune volte proprio opposti, ed è per questo che i suoni sono in alcuni casi “sospesi” in equilibri strani. Penso ad alcuni “noise” di chitarre su tappeti morbidi di tastiere e rhodes. Come dicevo in precedenza, non ci siamo posti dei paletti.
Alcuni brani sono nati anni fa, rimescolati svariate volte fino al totale stravolgimento. Da qui la ricerca dei suoni molto curata. E’ anche vero che alcuni brani contengono “campioni” e tracce già presenti nei primi provini, ma grazie ai “mixatori” siamo riusciti a trovare l’amalgama giusta. I miei riferimenti durante questi mesi/anni sono stati: Colonne sonore Italiane anni 60/70 (Alessandroni in primis), Led Zeppelin, molto Dub, Future Sound Of London, Musica Turca anni ’70, Battisti, Beatles….
Qual è il significato di questo disco? Come è nato?
Sono convinto che, almeno per noi, il significato di questo disco sia riconoscere il valore dell’ostinazione, che potrebbe sembrare a volte insensata e malata, perché è nato appunto in un momento difficile della band: alcuni se ne sono andati, altri sono “emigrati”. Insomma spesso ci siamo ritrovati in 2 a comporre pezzi su un portatile, immaginando (non senza dubbi) come poi sarebbero potuti rivivere su un palco. Altre volte suonando strumenti come chitarra e batteria e ri-arrangiando a ritroso. Tutto questo in un arco di quasi 4 anni. Per la prima volta abbiamo avuto anche la “libertà” di scartare alcuni brani e idee poiché non erano sulle corde di questo album.
Cosa pensate della musica italiana contemporanea?
Penso ci siano tanti musicisti validi..e altri meno.. come in tutto il mondo. Quello che è difficile, anche per me che sono attento e curioso, è seguire le novità e capire chi si muove bene o meno bene. C’è tantissima offerta, sfaccettata, rimescolata, però mancano dei contenitori, degli spazi radio. Manca insomma un “filone”.
Quando partirà il tour promozionale di “Wolf”?
E’ già partito e stiamo finalmente suonando in giro dopo una pausa. Abbiamo fatto qualche data in Romagna e Veneto e prossimamente saremo a Torino, Pesaro, Milano e sicuramente altrove. E’ tutto in divenire.
 
Fabrizio De Angelis
 
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