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Musica

La recensione: Kingfisher, "The Greyout"

Redazione Urban

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KINGFISHER
The Greyout

2016 – Bello Records

Uscita: 15/01/2016

Dopo la pubblicazione nel 2014 di un EP omonimo i lombardi Kingfisher danno alle stampe per i tipi della Bello Records la prima prova sulla lunga distanza intitolata “The Greyout”, coniugando con personalità stilemi heavy con moduli post metal, il tutto filtrato da un’attitudine personale consolidata da anni di esibizioni live che li ha portati a condividere il palco con Morkobot, Necrodeath e Primal Fear. L’album, registrato alla Sauna insieme ad Andrea Cajelli e masterizzato da Giulio Ragno Favero, già al lavoro con Zeus! in “Motomonotono”, è composto da undici tracce connotate da una struttura ritmica che nei continui cambi di tempo e nelle accelerazioni improvvise del drumming di Matteo Barca trova il suo punto di forza. Completa questo micidiale congegno l’uso di tre bassi sovrapposti e suonati come fossero chitarre e che definiscono le coordinate di un suono monolitico ma non privo di sfumature interessanti. Sull’altare dei Kingfisher campeggiano numi tutelari che rispondono al nome di Tool per il modo di dilatare i confini dei brani e nella voce di Renato Di Bonito che fa venire alla mente Keenan, di Kyuss per la deriva desertica di alcuni passaggi, e di Deftones per l’abbinamento di coordinate hard con striature melodiche. L’iniziale Red Circle dà il senso di quello che ci aspetta con la sua ritmica terzinata su cui si poggiano i riff di Davide Scodeggio, Alessandro Croci e Emanuele Nebuloni, così come il vortice sonico della successiva Sentient. La traccia omonima, una delle più riuscite della tracklist, controbilancia la forza con un’inattesa apertura melodica, allo stesso modo di Even In Decay, mentre in Eleven si ritrovano i Queen Of The Stone Age in un bagno hardcore. Si segnala poi il piglio thrash di Scent Of Reckoning e gli sdiliquimenti psichedelici di Mandàla vicini agli Yes meno prevedibili. Possiamo dire che con“The Greyout” i Kingfisher si sono attestati nel panorama post metal italiano con maturità e perizia di mezzi, forti di una scrittura solida che, siamo sicuri, in un prossimo futuro riuscirà a svincolarsi dai legami di un ingombrante albero genealogico. Per il momento, buona la prima.

Giuseppe Rapisarda

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