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Musica

In pArte Morgan

Redazione Urban

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Definito “atipico fenomeno musicale e televisivo, misto tra il dark e il dandy, figura controversa e bordeline”, Marco Castoldi in arte Morgan ha parlato di fronte a centinaia di studenti di ogni facoltà riversati e ammassati sui gradoni di uno spazio, diciamo un po’ inadeguato per funzionalità, visto che l’audio lasciava molto a desiderare. Così tra domande da sottotono e microfoni poco funzionanti è stato presentato l’ultimo libro di Marco Castoldi e di Marco Garofalo, giovane giornalista e ispiratore dell’opera dal titolo “In(parte) Morgan”, (casa edit. Eleuthera, pagg.159).

Il libro, strutturato sotto forma di intervista a tre, presenta una serie di domande poste dal giornalista curioso e incalzante, Garofalo per l’appunto, a Marco Castoldi e a Morgan, innescando quel procedimento di svelamento o si spogliamento del personaggio nella contemporanea vestizione dell’uomo. Il libro vuole essere un’ analisi attenta dell’artista Morgan, che inizia la sua carriera con lo pseudonimo quasi impronunciabile di Kevin Mourmeangh e che passa all’esperienza dei Bluvertigo e alla musica d’autore diventando definitivamente Morgan. Lui, artista dalle tinte bianche e nere, come il colore dei suoi capelli lisci, lunghi e ondosi, che veste calzoni stretti e corti alle caviglia con giacca bianca tirata sotto i dorsali da far raccapriccio, trova nella poesia il canovaccio per esprimere i suoi sentimenti e ne fa, del felice ritrovamento, una scelta rivoluzionaria, votata all’anarchia delle piccole cose. Poi si giunge ad analizzare la persona, il Marco Castoldi che vive una dimensione privata e che solo pochi conoscono, che ha una bellissima figlia con la quale sperimenta il ruolo di papà cantante.

Tutto il libro gira attorno a quella tematica dicotomica di pirandelliana memoria, vita-forma, persona-personaggio. Dove finisce Marco Castoldi e dove inizia Morgan. Per capirlo dobbiamo leggere il libro, per i curiosi e i suoi FANS, disposti a stirarsi per terra pur di vederlo saltellare da sopra e sotto il palco, con un microfono in mano che non usa per cantare ma per comunicare, per farfugliare concetti che vanno dal senso dell’estetica a quello della cosmetica, per dare lezione di vocabolario e di sintassi anche ai più forbiti curiosi. Così quasi giocando con le parole si definisce, “ autorevole, autore, autoritario, artista “.
Poi ringrazia la professoressa Sara Gentile, organizzatrice della manifestazione che stranamente sembra essere l’unica a cui tende la sua seria attenzione, dimostrando per il resto degli interlocutori l’ aria di un compiacimento tipico di chi sa d’ essere genialmente superiore. Eppure il ragazzo giornalista, Garofalo, ha saputo gestire un percorso sintonico assieme all’artista Morgan, al punto da portarlo a parlare di sé in un libro svelatore che stando alla critica di molti, pare essere luogo depositario “di risposte ostentate … auto proclamazioni di un ragazzo rimasto aggrappato a quei sogni in cui non si è mai riconosciuto … terrorizzato di lasciarseli scappare dalle dita..di quel poco rimasto intatto di sé del suo cammino adolescenziale”.

Nel libro però i temi importanti emergono. Dentro la cornice persona- personaggio, si inserisce il tema della vita, delle sue contraddizioni, della verità artistica e musicale che giunge all’apoteosi in un culmine d’ armonia oggettiva dell’essere. Ivi è presente tutta la sua cultura musicale. Come dire l’artista, che sia esso musicista, pittore o scrittore produce cose belle che sono tali perché sono belle e cose brutte perché sono brutte. Ma in entrambi i casi si sfiora il senso sublime della “verità e della coerenza etica” del messaggio. Polemizza con Fabrizio De Andrè infatti e dice: “ sono contro ogni forma di mitizzazione ignorante”.
Morgan accusa il cantante di non essere stato ottimo catalizzatore di messaggi. “ In lui ho avuto modo di appurare, non da profano esterno ma da conoscitore privato del cantautore, tanto la perfezione della sua creazione musicale quanto l’imperfezione della sua stessa vita privata”. Ma niente e nessuno può essere perfetto e men che meno un’artista. Perché, contrariamente al suo prodotto costui non può essere perfetto. Da qui il riferimento nel libro alla Polifonia di Bach, esempio di perfezione e armonia in musica.
Ma quando c’è di mezzo il genio creativo, caro maestro Castoldi, non sempre vita d’artista e vita privata si sposano in un idillio perfetto. Dovremmo chiedere a Picasso come trattava la moglie? O forse a John Lennon come trattava la figlia? A noi umili spettatori dell’arte sublime, è dato giudicare l’arte e non la persona. L’arte non è moralista, ma può essere espressione di morale e di eticità. L’arte è espressione sublime di una genialità imperfetta che spesso è generata dalle più assurde follie dell’inconscio umano. Perversioni di ogni genere e degenerazioni d’ogni formazione hanno accompagnato nel corso della storia migliaia di geni artisticamente perfetti ma eticamente imperfetti.
Morgan – persona, è l’essere solitario, che non può permettersi di andare al bar con gli amici a prendere un caffè senza farsi notare con il rischio di essere disturbato; è il signor Castoldi che vede i suoi parenti uno o due volte all’anno nelle feste comandate, che scrive tanto e studia le sue canzoni, i suoi temi e i suoi messaggi in solitudine.
Castoldi – personaggio è invece quello che vediamo sul palco per un concerto, osannato e adulato da migliaia di giovani fans, che invece di recarsi in Chiesa, fanno la fila per vedere e per adorare il non più Dio Ente Supremo, espressione della millenaria ortodossia etica dei popoli, ma il Divo, l’Idolo, ora nella sua espressione più elevata come Morgan, ora nella sua espressione più bassa come i tronisti di Maria De Filippi.
Ma Morgan è anche l’artista libero dagli schemi e dai condizionamenti rispettoso della Libertà altrui. Alla domanda “ Cos’è per Morgan la libertà?” Lui risponde simpaticamente dicendo con toni sapienti “ Non sono libero di dare uno schiaffo ad un’altra persona. Se fossi libero di fare ciò, determinerei la schiavitù dell’altro. Ecco che la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro”.
Quando l’artista si fa portatore di messaggi, perché l’artista è il mezzo, il propulsore ignaro dei segnali dell’inconscio, può anche diventare pirata dei mari. Come quel capitan Morgan che da bucaniere divenne governatore della Giamaica, il nostro Morgan da buon bucaniere affonda le imbarcazioni cariche di stereotipi per diventare padrone di una libertà espressiva scevra da ogni forma di critica perbenista. Così dopo aver fatto incetta di consensi e di applausi Morgan torna ad essere Marco Castoldi, chiuso nell’auto blindata che silenziosamente esce dal portone dei benedettini.
Si, In silenzio come solo i grandi sanno fare; come quella volta in cui fu presentato a David Bowie: gli dissero “ Maestro lui è Morgan! “ Bowie rispose “ Sure! ” E dopo averlo salutato, il maestro silenziosamente con stile ed eleganza si allontanò.

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