Musica
I Cani live al Locomotiv Club di Bologna
Giovedì 14 aprile 2016: per la seconda sera di fila (ce ne sarà anche una terza) il Locomotiv Club di Bologna ospita uno dei gruppi di punta della scena musicale indie del Bel Paese. A salire sul palco tocca infatti a I Cani, creatura del romano Nicolò Contessa, giunto al terzo album in cinque anni, dopo l’exploit tutto digitale del 2010 dovuto alla pubblicazione online dei brani “I pariolini di diciott’anni” e “Wes Anderson”. Sold out da settimane per questo attesissimo concerto, merito anche del successo di critica e di pubblico di Aurora, ellepì che segna certamente una svolta stilistica e compositiva della mente che si cela dietro il moniker canide (e qui la recensione del disco ad opera del nostro Giulio Paghi).
Alle 22 si comincia con Felpa, progetto solista di Daniele Carretti, già membro degli imprescindibili Offlaga Disco Pax, che, in solitaria, esorcizza, canzone dopo canzone, le sue angosce e paure, in un autentico cammino catartico imbevuto delle ovattate atmosfere shoegaze e post-rock. E ”Io non avrò paura, io non ho più paura” è il vero e proprio mantra che riuscirà ad incunearsi, con tutta la sua delicata risoluzione, sottopelle negli incauti ascoltatori, per non abbandonarli nei giorni a venire.
Alle 22.30 si spengono le luci e finisce l’attesa degli avventori del Locomotiv. Uno dopo l’altro compaiono i membri della band e la voce di Nicolò Contessa comincia a snocciolare i suoi versi: Non lo sai perché ti sei trovata a correre / chiuderti nel bagno e metterti a piangere / col trucco che macchia la carta igienica / come la ragazzina che non sei stata mai: è “Baby soldato”, si comincia. La seguente “Protobodhisattva” ci ricorda la nostra singolarità nell’essere degli animali strani, mentre la successiva “Le coppie”, una delle più attese dal sottoscritto, è una delle canzoni che hanno contribuito a rendere sorprendente l’album d’esordio dei Cani, così come “Asperger” e “Hipsteria”. “FBYC (sfortuna)”, omaggio dichiarato ai Fine Before You Came, è il primo brano tratto dalla seconda fatica del cantautore romano, Glamour, ma già con le successive “Aurora” “Una cosa stupida” e “Sparire” si torna alle atmosfere intimistiche dell’ultimo disco. Il pubblico in sala, intanto, continua a scaldarsi sempre di più ed esplode con il polittico “Corso Trieste” – “I pariolini di diciott’anni” – “Post punk” – “Non c’è niente di twee” – “Come Vera Nabokov”, così, tutto d’un fiato, uno sballottamento fisico, emozionale e musicale che rallenta soltanto con l’incipit di Aurora, “Questo nostro grande amore”. È il momento dei ringraziamenti prima dell’ultimo singolone che ha inondato le radio tricolori: “Non finirà” scatena le danze e conclude la prima sostanziosa parte della scaletta.
Il bis si apre con una delle canzoni più struggenti di Aurora, “Il posto più freddo”, e l’onda emotiva viene cavalcata egregiamente con la successiva “Calabi-Yau”, che incanta tutti col suo refrain ipnotico e reiterato: “quindi basta cercare / la notte / su google il mio nome / io non voglio più guardare / dentro di me non c’è niente di niente”. La band torna dietro le quinte ma per nostra fortuna il concerto non è finito: si rientra con “Velleità”, prima del gran finale rappresentato da “Lexotan” e dal consueto e liberatorio stage diving conclusivo di Nicolò Contessa. E si torna a casa così, leggeri, fieri della nostra, la nostra stupida, improbabile felicità: merito di un concerto meraviglioso da cui non sono riuscito a trarre nient’altro che questo sciocco, ridicolo, patetico, mediocre, inadeguato report.
http://credit-n.ru/zaymyi-next.html