Musica
Best new: My Escort
I My Escort sono Alex, Daniele e Luca. Sono nati dalla caparbietà e dalla passione per la musica di Alex, dopo che “aveva rotto” con le precedenti band di cui faceva parte. Come dopo la fine di una storia d’amore si prova con il “chiodo scaccia chiodo” a dimenticare il passato e aprire le porte al futuro, così ha fatto Alex. Ha cercato di tirar su una band con la quale dare vita a pezzi che aveva composto nell’arco di sedici anni. Da tutto ciò è nato “Canzoni in ritardo”, una raccolta di epitaffi come la definisce il suo autore. Storie di vita e di musica, business e musica, riflessioni e progetti futuri. Questo troverete nell’intervista-chiacchierata che segue. Buona lettura!
Ciao, domanda di rito per soddisfare la mia curiosità, perché vi chiamate My Escort?
Risposta di rito: ero stanco di dover perdere tempo a mediare tra i vari componenti dei vari progetti con cui negli anni mi trovavo a collaborare. La cosa portava sempre a procrastinare, a raggiungere dei risultati con ritardi che alla lunga mi risultavano intollerabili. Quando ho avuto l’occasione di ripartire da capo, ho deciso che mi sarei occupato interamente delle spese relative al nuovo progetto ma di riflesso avrei avuto l’ultima parola su ogni fase produttiva.
Il risultato è stato quello auspicato e il nome My Escort è la conseguenza più naturale possibile di questo processo.
Come vi siete formati?
Dopo lo scioglimento dei Dardo Moratto (una band in cui ero pianista e principale autore da 10 anni) in seguito a delle diatribe con Luca Pernici (Ligabue, Il Nucleo) il produttore che all’epoca avrebbe dovuto portare a termine i lavori al secondo album, mi sono ritrovato da solo con la voglia di chiudere un disco e diversi brani prodotti a metà di cui non ero pienamente soddisfatto. Ho contattato Luca Agerde, un bassista mio amico d’infanzia con cui in passato avevo già collaborato per fargli ascoltare il materiale. I brani gli piacevano e da lì abbiamo optato per la formula “My Escort” di cui alla domanda precedente. Abbiamo trovato un chitarrista, un batterista e un produttore di Los Angeles con cui ero in contatto da qualche tempo (Ronan Chris Murphy) ed è iniziato un lavoro di riarrangio dei brani. Anche allora non riuscimmo a concludere il lavoro per un’imprevista problematica di salute occorsa al padre di Ronan proprio nel periodo deputato alle registrazioni. Il chitarrista e il batterista lasciarono la band per seguire strade a loro più congeniali e ci ritrovammo a cercare una nuova coppia che si rivelò quella giusta per portare a compimento il parto, coadiuvati da un nuovo produttore, Matteo Franzan, scelto sia per questioni di natura logistica che per mia conoscenza diretta. Dopo il lavoro con Ronan avevo capito che la band, non ancora matura, necessitava di un produttore con una personalità più “invadente”, più trasformativa e Matteo si rivelò la persona giusta al momento giusto. Poco dopo la chiusura dei lavori, per divergenze artistiche perdemmo per strada ancora una volta la coppia chitarra/batteria (per noi si tratta di una sorta di malediazione su cui ormai ci troviamo spesso a scherzare). Dopo una breve serie di provini è entrato Daniele alla chitarra, in pianta stabile da ormai 2 anni e attualmente, grazie a degli annunci stiamo per chiudere il cerchio grazie a Giulio, un batterista e ad Alberto, un chitarrista che supporta la parte acustica del progetto.
“Canzoni in ritardo” è il vostro primo album, raccontatemi la sua storia.
Ho risposto in parte già grazie alla domanda precedente. Aggiungo che si tratta di una raccolta di “epitaffi” relazionali scritti nell’arco di 16 anni. Per una concomitanza relativa anche al tempo passato chiusi nel cassetto, ho trovato che avesse un senso particolare, il mettere assieme dei brani con una tematica ben precisa, brani scritti dopo la fine di alcune mie importanti relazioni affettive. C’era un non so che di logico, di romantico e di nostalgico nel ritrovarsi a pensare nello stesso periodo alla fine di alcuni legami importanti, così come allo scioglimento della band e all’allontanarsi di alcuni importanti musicisti ed amici. Canzoni in ritardo è un album di riflessioni alla fine di una serie di temporali. Temporali causati anche dalla mia superficialità nei confronti di alcune relazioni. Solo a raccogliere i cocci mi scoprivo a pensare che se quelle riflessioni fossero arrivate prima, molti di quei legami forse non si sarebbero spezzati. Mi sembrava un bel titolo “Canzoni in ritardo”, assolutamente sensato, oltre che pieno di verità. Sono arrivate tardi quelle riflessioni, quelle canzoni. Ho pensato che fosse giusto pubblicarle, dar loro una collocazione. Mi sarebbero servite in futuro anche per ricordarmi più facilmente certi errori commessi, nel tentativo di non ripeterli.
Nella descrizione dell’album nel vostro sito si legge: “Per una band come la nostra, pubblicare un disco non è mai una cosa banale”. Che tipo di band siete?
Beh, quella frase significa che noi non siamo una band arrivata e che dispone di grandi budget. Un disco come Canzoni in ritardo ci è costato molto, sia in termini economici, sia logistici. Decidere di prendersi una responsabilità come quella di dar vita ad un prodotto al massimo delle nostre possibilità è una cosa che capita raramente. Siamo una band che prende molto seriamente quello che fa, che quando prende una decisione la porta a termine, siamo testardi e abbiamo anche molto rispetto per chi ci ascolta e questo ci impedisce di trattare la musica con leggerezza. Mano a mano che passa il tempo, quest’ultimo concetto sta assumendo dei connotati sempre più definiti e profondi e i nostri testi così come la meticolosità degli arrangiamenti nei nuovi brani lo dimostra.
Noto un’insofferenza verso il mercato musicale italiano nelle vostre dichiarazioni. È davvero così difficile entrare a far parte del mercato musicale di oggi?
La nostra è un’insofferenza più ampia ed è diretta al concetto macroeconomico di mercato neoliberale oggi imperante. Senza scoperchiare nessun vaso di Pandora e limitandomi alla tua domanda, nel suo significato letterale credo che oggi sia praticamente IMPOSSIBILE entrare nel mercato musicale odierno, inteso come luogo virtuale dove avviene un reale scambio musica/soldi. Teoricamente il mercato come “luogo” dovrebbe esistere in quanto prodotto di domanda e offerta, nel caso specifico domanda di musica e offerta riflessa. Nei fatti invece oggi il mercato è un’entità senziente che provvede a generare un temporaneo interesse atto a soddisfare una sua necessità strutturale, ossia quella di sopravvivere producendo materiale da smerciare al potenziale fruitore. Quindi un’entità che si occupa in toto sia di domanda sia di offerta. E’ aiutata in tutto ciò da quello che mi appare come un soverchiante intorpidimento cerebrale globale. Manca totalmente l’interesse nella musica, così come nella cultura, così come nella politica così come in tutto ciò che non faccia rima con la mera sopravvivenza. L’italiano medio (e non solo lui ahimé) sopravvive e se ne fotte di tutto ciò che comporti sforzo mentale. Non si spiegherebbe altrimenti la babele di tribute bands che infesta il panorama dei music club oggi ad esempio, così come di riflesso la situazione politico economica sia italiana che Europea. Noi si permette a delle entità ipoteticamente superiori di decidere cosa è giusto per noi. Sento molti musicisti lagnarsi della programmazione radiofonica e penso… Ragazzi… Se milioni di ascoltatori accendono ancora la radio su RTL e compagnia senza rompere loro i coglioni con delle richieste mirate, se la gente quando va in birreria tra un tuo pezzo e l’altro ti chiede una cover di Vasco, se quando Monti viene messo in un luogo di potere e firma il pareggio di bilancio in Costituzione e nessuno sa nemmeno cosa significhi bilancio oltre ad esser contenta che un governo regolarmente eletto cada… Cosa vi aspettate che succeda? Nulla di nulla. Pertanto, tornando alla tua domanda, non valuto come possibile “l’entrata nel mercato musicale”. Chi come noi oggi pubblica un disco deve essere conscio di questo. Noi si esiste come tanti altri, in virtù di passioni, di impulsi creativi, di necessità strutturali e comunicative che niente hanno a che fare con le leggi che governano il cosiddetto “music biz”. “La musica”, per come la vedo io, è risultato di esperienze vissute, di concetti, di urgenze comunicative che sono in seguito veicolate da una forma espressiva dotata di un significante ben preciso. La musica è contemporaneamente etica ed estetica ed è forse il più importante degli archetipi, emozionando anche senza capirne immediatamente il senso delle parole ad esempio. Ci vuole tempo reale per vivere esperienze da poter elaborare. E sicuramente molto denaro per tradurre il tutto in un linguaggio che oggi le persone così abituate agli effetti speciali possano capire. Vorrei vedere quanta attenzione sarebbe riservata oggi a Nick Drake se ad esempio il pubblico sanremese fosse sorpreso a dover ascoltare un suo concerto al posto di una serata tipo della kermesse. Quanti come me si metterebbero a piangere dalla gioia? Tutto ciò ovviamente non può coincidere con “La musica” per come la vede IL MERCATO DISCOGRAFICO. Esso esige un turnover strettamente coincidente con nuove produzioni da spingere nelle mani dell’acquirente e questo giocoforza deve essere scadenzato in un tempo preciso e finito. L’acquirente non può avere nelle orecchie e nel cuore un prodotto durevole, rischierebbe di affezionarsi e di non acquistare il nuovo, e poi come potrebbe l’autore avere davvero il tempo di vita reale per delle esperienze potendole così elaborare e farne musica, preso com’è da tour, interviste, spettacoli, partecipazioni ad eventi televisivi? Ecco perchè stiamo parlando di mondi completamente differenti: in quest’ultimo manca completamente la sostanza che porta invece il primo al processo creativo. L’artista crea perché spinto da un’urgenza comunicativa nata da reale sostanza ed esperienza, il mercato crea perché spinto dalla sua strutturale necessità di produrre ad ogni costo e può esistere anche in funzione della sola immagine e perciò della sola apparenza. P.s.: non escludo che poi esistano delle combinazioni di variabili talmente eccezionali tali da portare un vero artista a vendere milioni di copie, come del resto non escludo nemmeno di vincere 2.000.000 di euro al Gratta e vinci o che un drone cada dal cielo e sfiori di poco uno sciatore durante una gara evitando così un dramma. Stiamo parlando però di eccezioni così come di regole. Nel frattempo io continuo a scrivere musica, e di tanto in tanto spendo pure qualche euro per un “Mega da 10”, non si sa mai che in un modo o nell’altro riesca anch’io a sistemarmi…
Progetti futuri legati al nuovo album? Il pubblico dove e quando potrà conoscervi dal vivo?
Relativamente al nuovo album, stiamo lavorando proprio in questi giorni ad un EP di 6 nuove tracce ad uso ascolto che cercheremo di girare sia a discografici che a qualche produttore. L’idea è di proseguire la promozione di Canzoni in ritardo per tutto il 2016, cercando nel frattempo di scrivere materiale nuovo, buono come quello di questi ultimi periodi. Non nascondo che ci piacerebbe lavorare addirittura ad un doppio, in barba ai mercati (o ai mercanti), con due differenti produttori alla regia. Stiamo scrivendo un sacco di roba interessante che si muove su binari differenti e non vediamo perché non assecondare questa fase, senza porci troppi limiti. Sicuramente però non entreremo nella fase di produzione artistica prima del 2017. Rispetto ai nostri live, esorto chi tra i vostri lettori fosse interessato, a dare di tanto in tanto un’occhiata alla sezione eventi del nostro sito (www.myescortband.com) o alla nostra pagina Facebook (troverete tutti i link utili sempre nel nostro sito) che cerchiamo di tener sempre aggiornate. Sicuramente il 29 gennaio saremo all’Osteria Rive Jazz Club di Cartigliano e lì, oltre al nostro disco suoneremo certamente anche qualche brano nuovo di zecca, così da testare “l’effetto” sul pubblico. Cogliamo l’occasione per ringraziarti dell’intervista. Buona vita e ovviamente… Good vibrations!
Federica Monello
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