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Best New: Massimiliano Larocca
Il musicista fiorentino Massimiliano Larocca ha trasformato in canzone le liriche visionarie di Dino Campana, mantenendosi fedele a parole e metrica in una operazione mai tentata prima in Italia e che vede la partecipazione di grandi artisti: Un mistero di sogni avverati è il titolo di questo interessantissimo e prezioso esperimento poetico-musicale di cui Massimiliano Larocca ci svela tutti i dettagli in questa intervista!
Un mistero di sogni avverati , il quinto album, mette in musica I “Canti Orfici” del poeta visionario Dino Campana su i cui testi avevi già pubblicato nel 2001 un EP . Cosa ti lega così tanto a Campana?
Mi innamorai di Campana – della sua vicenda umana prima ancora che della sua poesia – ancora adolescente. Scoprii che c’era un mio conterraneo che con la stessa potenza e visione di un Rimbaud raccontava luoghi a me familiari come Firenze, il Casentino, l’Appennino tosco-romagnolo. Fu una rivelazione. Lo sentivo anche molto vicino alla letteratura rock della quale ero già imbevuto. Col tempo la mia conoscenza e l’approfondimento su di lui e sulla sua opera si sono ovviamente estese, ma il primo approccio fu questo. Molto naif, di pancia. Come sempre accade nei grandi incontri della vita.
Che tipo di musiche hai scelto per accompagnare le poesie?
Innanzitutto lasciami specificare che questo lavoro, e queste canzoni, sono tutte nate 15 anni fa in un laboratorio teatrale della compagnia fiorentina Chille de la Balanza, dentro le mura dell’ex-manicomio di San Salvi. Luogo dove peraltro Campana fu internato per sei mesi. Me le sono portate dietro per tutti questi anni cercandogli una casa, una progettualità adeguata. Musicalmente direi che è una summa di tutte le mie influenze musicali passate e presenti. Dal folk di casa nostra, ai ritmi del mondo (Africa e Sudamerica) ma, soprattutto, ovviamente il rock in tutte le sue derivazioni. Spero che la tavolozza che abbiamo usato in fase di arrangiamenti – con Riccardo Tesi e Sacri Cuori – restituisca la caleidoscopicità della poesia campaniana, che, riferendosi alla sua opera, parlava di “poesia musicale europea colorita”.
Tanti sono gli ospiti importanti in questo tuo interessante esperimento: Nada, Riccardo Tesi, Sacri Cuori, Cesare Basile e Hugo Race. In cosa, ciascuno di loro, ha arricchito il tuo lavoro?
Con Tesi e Sacri Cuori abbiamo fatto un lavoro di team, registrando di fatto il disco in soli tre giorni. Tesi ha dato le strutture e le idee di arrangiamento che poi si sono sviluppate in modo molto spontaneo. Dietro la scelta di far incontrare Tesi e i Sacri Cuori per questo disco c’è stata una mia precisa idea: Campana era un poeta di confine, veniva da Marradi, paese sospeso tra la Toscana e la Romagna. Ho voluto far incontrare due eccellenze musicale delle due regioni – Tesi e Sacri Cuori, appunto – per ricreare questa radice di Campana, in un percorso che parte dalla tradizione e arriva al contemporaneo. I veri ospiti del disco sono appunto gli altri da te citati: Nada, Basile, Race. Credo che ognuno di loro ha fatto un percorso artistico che lo ha fatto incontrare direttamente o non, con la poesia di Campana e con quel tipo di tensione emotiva. Lasciami specificare che nessuno degli ospiti è stato utilizzato in modo convenzionale: ho utilizzato le loro voci per fare delle letture o dei cori. Come se ogni voce fosse una voce diversa nell’anima di Campana. Nada legge “La sera di fiera”. E ci fa letteralmente vedere le stelle pallide di cui parla Campana.
Poesia e musica: spesso, un bravo cantautore viene paragonato alla figura del poeta. In che modo questa similitudine è vera, secondo te?
È assolutamente vera. Io considero il rock la letteratura più importante dal secondo Novecento ad oggi, perché ha incarnato più della poesia o del romanzo o di altre forme letterarie le tensioni, le paure, le glorie della nostra epoca. Ai cantautori, alle band, alle parole in canzone la gente ha chiesto e chiede tuttora quello che 150 anni fa si chiedeva agli intellettuali o nel Rinascimento ai grandi artisti: la luce e la sublimazione del cuore umano.
Qual è l’ultimo concerto a cui sei stato? C’è un artista con cui ti piacerebbe collaborare?
Vado a vedere molti concerti, che, solitamente, sono molto piccoli. La dimensione del grande evento non fa più per me, perdo il fuoco sulla musica e non imparo niente. Ultimamente ho visto solo due set molto belli di Lorenzo Corti e di Amaury Cambuzat. Riguardo alle collaborazioni sono al momento felice perché davvero sono riuscito a lavorare – anche in progetti collaterali – con molti degli artisti che stimo incondizionatamente. In questo senso collaborare all’ultimo disco di Nada è stata una soddisfazione pari a quella di pubblicare il nuovo album. Mi piacerebbe lavorare compiutamente – ovvero in un disco integrale – con Cesare Basile. Mi piace molto Teho Teardo, ma lui ha percorsi lontani da quello che adesso voglio e posso fare. Uno come me deve sempre lavorare sodo per migliorarsi.
Porterai le poesie di Campana in giro per l’Italia?
Cercheremo di proporre il progetto ogni qualvolta sarà possibile presentarlo integralmente, con tutti i musicisti coinvolti, ospiti a parte. E magari in una dimensione più teatrale e non da club. È un progetto che credo davvero meriti di essere conosciuto, perché trascende anche il singolo ideatore/creatore.
A cura di Laura De Angelis
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