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Best New: Locomotif

Redazione Urban

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Ho incontrato i Locomotif, trio catanese composto da Carmine Ruffino, Federica Faranda e Luca Barchitta che il 4 marzo sono usciti con il nuovo disco “Be2”, dove “Be” sta per “essere”, 2 sta per “il contrario di uno”.
La loro formazione musicale, molto differente e varia, è stata sintetizzata in un sound avvolgente e molto ricercato, ma allo stesso tempo molto orecchiabile e diretto. E sulla musica indie …
 
Parlateci del nuovo disco, “Be2”
“Be2” è un porto di mare. Un luogo in cui fermarsi prima di andare. La linea di confine tra il movimento e la staticità. “Il contrario di Uno”. Racconta di scelte e cambiamenti. Racconta della possibilità che ognuno di noi ha sempre a portata di cuore. Racconta di chi rimane nella propria vita e di chi no.
 
Siete degli artisti catanesi. Come vedete la scena musicale attuale di Catania?
Catania la vediamo sempre bene, o almeno la vorremmo vedere sempre bene, forse non è così da un bel po’ di anni, forse a questo punto dovremmo dire che non è più la Seattle del Sud, bla bla bla. Eppure lei, Catania, ci fotte sempre, ci dà sempre quella speranza. I nostri locali preferiti tentano il concerto, a volte riescono a riempire le sale, altre volte non si ripagano le spese, altre volte chiudono, ciao Taxi Driver. Diverse persone che stimiamo moltissimo, organizzano rassegne musicali e creano appuntamenti fissi, che un poco quella nostalgia del gran concerto, un poco quella sensazione di tristezza e aridità, te la quietano. Catania può fare meglio, dovrebbe fare meglio, sempre, e anche noi che siamo a Catania dovremmo. A livello di produzioni sicule siamo un po’ fuori dai giri, non abbiamo ascoltato molto sinceramente. Condividiamo a volte l’amarezza per le difficoltà con alcuni colleghi in lunghe discussioni che generalmente si concludono con una quieta rassegnazione e frasi tipo: “Vabbè siamo a Catania”, o anche “Ma te la ricordi Catania?”.
 
La vostra musica è stata utilizzata spesso per alcuni spot televisivi, spesso anche di grandi marchi. Immaginavate questo uso “diverso” delle vostre composizioni?
Abbiamo difficoltà a immaginare un processo di guadagno legato alla musica, il ciclo di feedback tipo: brano – guadagno, questo caro sconosciuto. Lo stimolo risposta tipo: voi suonate e guadagnate. Niente, ci proviamo, ma siamo molto scarsi, siamo tornati dall’ultimo tour con un guadagno di un euro ciascuno e un sorriso grande quanto una casa. Tuttavia è successo di collaborare nel settore pubblicitario, spesso con amici. La cosa che ci alletta, per dirla semplice, è la possibilità di arrivare a tutti. Quella felicità estrema di sapere che prima o poi, due tre note di un tuo brano, arriveranno all’orecchio di uno che non hai mai visto, forse stuzzicandolo: una grande occasione, come negarlo. Quelle volte  in cui i nostri genitori e i nostri amici chiamarono ad ogni passaggio in tv della pubblicità con il nostro brano, furono belle, certo un po’ ossessive, dato che spesso lo spot passava più volte al giorno. Avevamo detto persone che non conoscevamo?

Il vostro stile è molto apprezzato perché riuscite ad unire dei suoni elettronici a melodie molto riflessive. Come nasce il suono dei Locomotif? E’ frutto prevalentemente dell’istinto o è particolarmente studiato e ricercato?

L’istinto non esiste, non ci crediamo, abbiamo smesso di crederci una notte in cui abbiamo aspettato la melodia di un ritornello per ore. A quel punto ci siamo chiesti deve arrivare o la dobbiamo cercare? Abbiamo stimolato la nostra immaginazione, con il lavoro, con la ricerca, con i tentativi, non riuscendoci, buona la prima, non ce la faremo mai, è il mio brano preferito, ho fame, qui manca qualcosa, ascoltiamolo meglio, non va bene, forse troppo easy, ho sonno, forse troppo pesante, ma tutti i brani in minore dobbiamo fare? Registralo sul cellulare questo ritornello altrimenti lo dimentichi, ho ascoltato un disco bellissimo, ascoltalo, rifai quello che hai fatto prima? L’ho dimenticato, Ruffino basta ti prego sono le due di notte, devo sistemare questo suono, ho letto un libro, ho scritto un testo, ho pensato ad una musica, si è allagato lo studio, ho esami, le bimbe hanno la febbre, Ruffino ti prego sono le due di notte, già detto? Ecco: il suono dei Locomotif nasce più o meno così.

Qual è la vostra opinione in merito alla musica indie italiana?

Abbiamo un po’ la sensazione di “circuito chiuso”, più indifferente che indipendente. Nel senso che proprio non fa la differenza. Avvertiamo la sensazione di chiusura, la tendenza ad esaltare sempre gli stessi nomi, sempre le stesse parole e gli stessi cori. Un peccato, insomma, essere “indiependenti” e smettere di ricercare. E’ come se la musica indie andasse sempre più verso il mainstream e ciò non sarebbe necessariamente un male: la possibilità che l’ascoltatore ha di scegliere su larga scala il suono che più gli appartiene e la possibilità che il  musicista ha di  fare musica in modo personale e senza rinunciare alla fruibilità, sarebbero bei vantaggi. Sarebbe bello non sprecare questa occasione, tentando di essere se stessi, non John Malkovich.


C’è qualche artista o band che vi hanno ispirato particolarmente nel corso della vostra carriera?
Sì un sacco, troppi, pochi in verità.
Io (Federica) penso sempre a Billie, Billie Holiday, e certe volte mi manca, ho ascoltato e fatto ascoltare ogni giorno per tre anni Kind of Blue di Miles Davis, mi piace Damon Albarn, vorrei sposarlo.
Io (Carmine) da piccolo ho ascoltato un mare di Smiths e sono convinto che quelle atmosfere abbiano influenzato ogni nota nella mia vita! Poi è subentrata l’elettronica tedesca che mi ha danneggiato irreparabilmente la parte di cervello che comanda la produzione musicale. Mescola dentro un pizzico di shoegaze e…. riuscirò mai a scrivere un brano “happy”?
Io (Luca) sono cresciuto con un padre che la domenica mattina ascoltava un 33 giri dei Beatles, a volte dei Genesis, o dei The Doobi Brothers, Quindi, grazie Papà per la marea di contaminazioni e ispirazioni trasmesse!
 
Fabrizio De Angelis
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