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Best New: Erica Romeo
Erica Buzzo aka Erica Romeo è una cantautrice biellese che ha iniziato a suonare la chitarra alla tenera età di 11 anni e ad esibirsi a 16 anni, da allora non ha più smesso. Nel 2003 ha messo fuori il suo primo Ep “Piccola Genesi” per poi trasferirsi a Roma nel 2007 alla ricerca di nuovi stimoli. Il 2010 e il 2011 sono per lei gli anni della trasferta fuori dall’Italia, si trasferisce a Dublino per perfezionare lo studio della chitarra. L’anno successivo la vede impegnata in uno stage formativo per cantautori presso il CET di Mogol. Nel 2013 crea Erica Leaves, un progetto rock con il quale pubblica un Ep omonimo. Viene notata dalla Ibanez e il suo brano “Little Corner” diventa colonna sonora dello spot web di Ibanez Guitar. Da lì nasce Erica Romeo e il suo nuovo lavoro uscito poche settimane fa, l’ Ep “White Fever” accompagnato dal singolo che reca lo stesso titolo.
Vi lascio alla lettura dell’ intervista così da conoscere meglio lei e la sua musica.
Ciao Erica, il video clip del singolo “White Fever” ha un forte impatto emotivo così come la storia che racconta, perché hai scelto di raccontarci dei pellerossa sfrattati dalla loro terra e degli orrori della colonizzazione?
Ciao Federica, grazie mille per questa domanda. Con White Fever ho voluto ricordare un episodio importante della storia che ultimamente mi sembra essere stato dimenticato, visto come ci rapportiamo con le culture ai nostri occhi “non evolute”. Noi occidentali abbiamo da sempre la spocchia di sentirci superiori a culture più tradizionali, ma io non sono certa che la strada del progresso sia quella protesa ad un equilibrio superiore. Tant’è vero che noi occidentali siamo sempre stressati, arrabbiati, poco in asse rispetto il mondo e la vita stessa.
Quali altri temi tratti nell’omonimo Ep? Cosa rappresenta per te questo nuovo lavoro?
Questo nuovo Ep rappresenta la mia maturazione, non solo artistica ma anche personale come donna. Ho voluto parlare di temi diversi ma sempre molto legati ad un mio percorso individuale: in Secret parlo dell’entusiasmo dei bambini nello scoprire le cose semplici della vita, sguardo che spesso noi adulti abbiamo dimenticato; in Graduated Shadings di amore e dolore, dei rapporti straziati dalle lacrime che però ci fanno sentire vivi; in Bonnie & Clyde racconto le gesta dei due criminali innamorati e in Little Corner è la chitarra che canta alla propria padrona il rapporto simbiotico fra i due.
Nell’Ep ci sono suoni diversi ed interessanti come quelli elettronici che si piegano però alla semplicità della chitarra acustica, che regna sovrana insieme alla tua superba voce. Come coniughi queste varie componenti? Quale viene prima e quale dopo nella realizzazione di un brano?
Per me la voce è tutto e tutto il resto è asservito ad essa. Quindi ciò che tendo a fare è comporre musiche molto semplici con la mia chitarra e sovrapporre ad esse linee vocali particolari e non scontate: sono maniacale nella ricerca delle melodie, da diventare pazza a volte!
Tutto il resto lo costruisce Federico Altamura, il mio produttore. A lui piace testare e diciamo che non posso che assecondarlo visto il risultato!
Per te che suoni la chitarra da quando avevi 11 anni, quanto è stato emozionante e gratificante essere scelta dall’Ibanez per il progetto “I love my guitar”?
E’ stato uno shock! Non immaginavo che Little Corner sarebbe diventata la colonna sonora del loro spot web e non vi nascondo che sono stata strafelice. Non sono una chitarrista con la C maiuscola, quindi la gratificazione l’ho vissuta più che altro sotto il profilo cantautoriale e compositivo.
Io non sarei mai in grado di suonare la chitarra come ha fatto il bravissimo Cristian Marin nel brano.. lo ammetto a mani basse!
Quale disco o artista ha segnato la tua formazione musicale?
Assolutamente i primi tre dischi di Carmen Consoli. Mi hanno aperto un mondo e spronata a scrivere.
Hai aderito al progetto Patamu che slega la musica dalle logiche burocratiche complesse rendendola più libera ma tutelandola al contempo. Cosa ne pensi del mondo discografico di oggi? Si può fare musica senza un gigante dietro?
Il mondo discografico è sempre stato incasinato, ma la crisi e la mancanza di soldi l’hanno reso praticamente inaccessibile se non tramite i mezzi del momento (leggi i talent show).
Un tempo c’erano i talent scout, voglia di investire, di crescere nuovi talenti: adesso la televisione regna e la musica è soltanto più sinonimo di business, ahimè. Fare musica senza una major è difficile, implica delle spese alte da affrontare da soli (almeno per quel che mi riguarda) e non è detto che lo sforzo venga poi apprezzato dalla critica e dalla gente, ma sicuramente tutto ciò non è un ostacolo. Per assurdo l’ostacolo più grande è dato dalla mancanza di posti dove poter suonare e dai cachet ridotti all’osso: gli artisti dovrebbero smettere di suonare gratis, non comprendono che facendo così mortificano la professione di musicista e ammazzano il mercato.
Thanks to Erica Romeo
Federica Monello
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