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Best New: Agnese Valle

Redazione Urban

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La raffinatezza del rock femminile in “un attestato di ottimismo, un inno al sorriso, una danza ad un giorno di sole”. Così la cantautrice e clarinettista romana Agnese Valle ha voluto definire  Allenamento al buonumore , il suo secondo disco; un album composto da dieci brani, tra cui una cover che va a pescare nel repertorio di Ivan Graziani, Maledette malelingue. La scelta non è casuale ma guarda all’esperienza live della Valle, che la scorsa stagione ha portato in tour uno spettacolo su Graziani dal titolo Agnese canta Agnese. Per voi, amici di Urbanweek, ecco un piccolo ritratto di questa giovane artista ma, con alle spalle , già importanti esperienze.
Allenamento al buonumore  è il tuo secondo disco: cosa racconti nelle 10 tracce che lo compongono?
Rinunciare alla perfezione e liberarsi; la capacità di volgere al positivo le avversità della vita; la paura delle “scelte per la vita”. Sicuramente questo secondo disco volge lo sguardo più verso “l’interno”, rispetto al primo. È sempre un disco di storie, come il precedente del resto, ma sicuramente tra queste campeggia la mia storia personale: le riflessioni riguardo al diventare adulti, la definizione di sé, il ripercorrere esperienze importanti, la ricerca del senso. Nonostante io prenda una posizione, mi ponga delle domande e cerchi di darmi delle risposte, credo, tuttavia, che molte di queste riflessioni siano piuttosto universali e possano quindi incontrare lo sguardo di molti.
Prima di essere cantautrice sei una clarinettista: come è nato l’amore per questo strumento? Cosa rappresenta per te?
Andai alla Scuola di Musica di Testaccio quando avevo circa sei anni per suonare il sassofono. Riuscirono a dissuadermi dirottandomi verso uno strumento più leggero e adatto alla mia stazza ( ero veramente troppo piccolina per uno strumento così massiccio e pesante). Così provai con il clarinetto, strumento vicino al sassofono che mi avrebbe permesso più avanti di tornare con facilità alla mia prima scelta. Poi invece fui travolta dall’amore e non mi spostai più. Il clarinetto è una delle mie voci, complementare al canto. È lo strumento che mi permette di essere in sezione e far parte di un qualcosa di collettivo, senza essere per forza “leader”. Quando ho iniziato a cantare ho dovuto imparare un nuovo modo di percepirmi in ensemble, come primo strumento appunto e non come strumento di fila…è sempre molto interessante vivere entrambe le dimensioni.
Fai parte della Med Free Orkestra che è stata recentemente al Concertone del Primo Maggio: come è andata?
È andata benissimo, è stata una bellissima esperienza. Credo, tuttavia, che il palco del Primo Maggio, per quanto appaia mastodontico e metta paura, sia invece un palco piuttosto facile: il pubblico è lì, in un giorno di festa, pronto ad accogliere e a divertirsi. “Certo…è tanta gente” mi dirai, ma la verità è che così tanta gente e così lontana, vista da un palco così alto, è come un enorme magma che si muove a tempo di musica. Non c’è niente di più tagliente di dieci occhi che ti fissano a mezzo metro di distanza e colgono ogni tuo respiro…quello secondo me è il concerto davvero più difficile di tutti, quello in cui sostieni lo sguardo e lo sfami secondo per secondo.
Tornando alla cantautrice, quali sonorità rispecchiano meglio l’anima dei tuoi brani? Ci sono degli artisti che, in particolare, hanno avuto un ruolo importante nella tua formazione?
Per quanto ognuno di noi creda di fare la cosa più personale e singolare del mondo è evidente che c’è tanta musica che, nel tempo, le nostre orecchie hanno incamerato e conservato in un angolino. Il mio percorso è piuttosto variegato: dal conservatorio, alle esperienze di big band, a quelle di world music; dalla mia passione per i cantautori e la musica di parola, per il rock anni ‘60’-’70. Credo che, in piccola parte, ognuna di queste cose abbia contribuito al mio modo di scrivere. Inutile credo palesare la mia passione per Ivan Graziani che è stato forse il motore di alcuni sprazzi più “rock” di quest’ultimo disco.
Giovanissima eppure impegnata in tante importanti e interessanti attività: sei docente presso il carcere femminile di Rebibbia per “CO2”, un progetto di educazione all’ascolto nei penitenziari ideato da Franco Mussida della Pfm. Raccontaci di questa bellissima iniziativa!
Circa due anni fa, Franco Mussida (PFM e direttore del CPM) mi chiese di partecipare al suo progetto CO2 di educazione all’ascolto in carcere. Così iniziai ad insegnare presso la sezione femminile della Casa Circondariale di Rebibbia. È stata un’esperienza forte che, prima di tutto, ha insegnato a me. Io lì dentro non ero una docente, ero piuttosto una guida in questo viaggio emozionale attraverso la musica. CO2 ha regalato alle detenute uno spazio di intimità e introspezione, le ha esercitate ad un ascolto musicale connesso al loro temperamento emotivo, un ascolto attraverso il quale potessero riscoprire sensazioni sopite e ascoltarsi, prima di tutto. Io con loro mi sono esercitata, ho affinato la capacità di ascolto, di empatia; ho accolto le loro storie, le loro nevrosi, le loro fragilità. Una volta a settimana una porta blindata si chiudeva alle mie spalle e con essa restava fuori il giudizio verso quelle persone. Con CO2 ho imparato quanto il carcere possa essere un percorso e non solo una punizione.
Dovremo potremo fare “Allenamento al buonumore” dal vivo?
Assolutamente sì! Il 20 luglio a Bagnacavallo presso L’Osteria di Piazza Nuova, per le altre date, vi consiglio di tenere sott’occhio la mia pagina Facebook. Venite ad allenarvi con noi!
 
a cura di Laura De Angelis
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