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Musica

Arthur Honegger e l’oratorio drammatico di "Giovanna d'Arco al rogo".

Redazione Urban

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L’Attrice Lina Sastri

La musica di Arthur Honegger (1892-1955) torna a rivivere nella recente rappresentazione al teatro Bellini di Catania di “Giovanna d’Arco al rogo”, oratorio drammatico consistente in un prologo e 11 scene per recitanti, soli, coro e orchestra .

La recente riproposizione dell’opera a Catania, con un precedente solo nel 1960, è stata un’occasione unica con il coinvolgimento di un cast eccezionale nel quale ha dato il meglio di sé l’attrice Lina Sastri nel ruolo della “pulzella d’Orleans”.

Gli attori sono stati: Piero Sammataro nei panni di “frate Domenico”; Agostino Zumbo “il chierico”; i cantanti, Graziella Alessi, Ines Krome nel ruolo della Vergine e di Margherita, Loredana Megna ha interpretato “Caterina”, Michele Mauro, “una voce e Porcus, I araldo/Hertebise”; Maurizio Muscolino “una voce e II araldo “.
Sandra Liurno e Samuele Cozzubbo voci bianche nel coro “Gaudeamus igitur concentus” diretto da Elisa Poidomani. Tizianza Carlini ha guidato il coro degli adulti.
“Giovanna d’arco al rogo” eseguito per la prima volta a Basilea nel 1942, è opera nata dalla triplice volontà congiunta di tre protagonisti della cultura europea: Ida Rubistein, il poeta Paul Claudel e Arthur Honegger per l’appunto.
Un lavoro complesso che favorisce un’intensa immedesimazione nelle ultime ore dell’eroina francese Giovanna d’Arco, prima di essere arsa viva sul rogo.

Il musicista Arthtur Honnegger, compositore svizzero nato in Francia e vissuto a Parigi, membro dei “Les Six” si era già distinto con il suo lavoro “Pacific 231” per orchestra, nel quale la musica prendeva le sembianze onomatopeiche di una locomotiva a vapore. Estro fantasioso nascente dalla passione dell’autore per i treni che considerava “creature viventi” amandoli persino “come altri amavano le donne o i cavalli”.
Compose le musiche del film epico “Napolèon” nel 1927 e testi musicali per balletti e opere. Tra queste appunto si rinviene “Jeanne d’Arc au bucher” scritta nel 1935, trasformata addirittura in seguito da Roberto Rossellini in un film.
Altra opera importante di Honegger fu “l’Antigone”, realizzata su un libretto di Jean Cocteau del 1922. E tante altre opere tra cui “L’Aiglon” nel 1937, “Danse de la Chevre” nel 1921.
Pur facendo parte dei Les Six, il lavoro di Honegger non rispecchiava lo stile “giocoso e semplice” dei membri del gruppo. Reazionario nei confronti del romanticismo di Wagner e Strauss, Honegger si lasciò trasportare invece nei lavori della maturità dal “colorismo di Debussy” e del primo Schonberg. Fu sintesi di “uno stile politonale e contrappuntistico rigoroso” , sugli insegnamenti di Bach suo principale punto di riferimento nella vita artistica.

Diffidente sul futuro dell’opera, Honegger pensava che esso non risiedesse più nelle forme tradizionali musicali, ormai approfondite sotto ogni “profilo estetico e formale” ma in un nuovo assetto drammaturgico, capace di accogliere “sincronicamente l’apporto di varie arti”.
Ecco perché Honneger pensava ad un prossimo esaurimento della stagione produttiva del teatro musicale.

L’opera recentemente eseguita al Bellini, nacque su impulso di Ida Rubistein, performer carismatica, danzatrice artistica, che ne diede l’input sin dal 1925. Nel 1933 propose a Honergger di comporre la musica e individuò nel poeta Paul Claudel, autore particolarmente versato nei soggetti di ispirazione religiosa, “ il letterato idoneo al tema individuato”.
Claudel favorirà poi con il suo intervento letterario, “la giustapposizione di stili e linguaggi eterogenei, al fine di assecondare la sequenza di flashback che attraversava il testo. L’alternanza del tempo presente costruirà l’unità emotiva dell’oratorio drammatico”.
Così il canto e la recitazione in “Giovanna d’arco al rogo” si intrecceranno “in forma varia e a tratti convulsa al punto da accentuare la forza tragica del soggetto, con spezzoni parlanti, melologhi, continue alternanze tra toni e sentimenti”.

Honegger utilizzò “la musica da fiera al frivolo ritmo di gavotta”, nonostante avversasse questa tipologia musicale, senza lasciare per essa spazio a “giustificazioni ironiche da Sachlinchkeit”. Infine è “l’allegoria” che nella scena chiave del “jeu des cartessi” conferirà all’opera il culmine della piena espressione di una dimensione generale drammatica e “misteriosamente medievale”.

http://credit-n.ru/zaymyi-next.html
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