Musica
Motta in concerto al Locomotiv Club di Bologna
Sabato 7 maggio 2016: ancora a Bologna, ancora al Locomotiv Club, protagonista ancora una volta un artista emergente della scena musicale indipendente italiana. “Emergente” non è forse il termine più esatto da utilizzare, visto che il personaggio che solca il palco del club in questa notte di maggio, sebbene all’esordio da solista, ha parecchi anni di gavetta alle spalle: trattasi, infatti, del polistrumentista Francesco Motta, già paroliere, voce e percussionista dei figliocci degli Zen Circus, i pisani Criminal Jokers, e collaboratore di artisti del calibro di Nada, Pan Del Diavolo e del mai troppo incensato Giovanni Truppi (che possiede sempre un posto speciale nel cuore di chi scrive). Motta – che per l’occasione ha accantonato il nome di battesimo – oggi è in tour in terra felsinea per presentare il suo primo album da solista, La fine dei vent’anni, perla discografica del duemilasedici prodotta da Riccardo Sinigallia, che ha collaborato anche alla stesura a quattro mani di alcune tracce del disco.
Gran presenza di pubblico per l’artista toscano trasferitosi da qualche anno a Roma, variegata anche per quanto riguarda la suddivisione anagrafica: come età si oscilla dalla fine dei vent’anni (scontata, lo ammetto, ma concedetemela) fino agli “anta” ancora fichi (sic) e giovanili, passando per gi anni di Cristo e senza dimenticare i teen scampati per qualche ora alla dengue discotecara del sabato sera (che tanto dopo si balla anche qui). Il segnatempo che fa capolino dal mio polsino mi avvisa che sono le 22.50 quando i musicisti prendono posto dietro ai rispettivi strumenti, quindi appare un Motta attivissimo, carico a pallettoni, quasi tarantolato che comincia a scandire “Prenditi quello che vuoi”, potentissima ed ipnotica dal vivo. “Roma stasera” fa proseguire lo stato di trance indotto dai ritmi quasi tribali dei pezzi, coadiuvati da un Motta in versione Molleggiato, figura esile – che sembra uscita da un albo di Pazienza – dotata di una particolare voce che già in tanti hanno affiancato a quella del frontman dei Placebo, Brian Molko. Senza neppure prendere fiato, schitarrate punk introducono “Se continuiamo a correre”. Saranno poche le parole tra una canzone e l’altra, e Motta ci scherza anche su, da buon toscano, affermando di non aver ancora trovato qualcosa di intelligente da dire durante le pause.
Con una presenza scenica invidiabile, il pisano tiene il palco con perizia, e propone tutti i brani del suo LP da solista senza mai annoiare il pubblico, ma, anzi, coinvolgendolo nota dopo nota, saltando sempre da uno strumento all’altro. Quindi l’entusiasmo moderato di “Del tempo che passa” si trasforma in delirio con la successiva “La fine dei vent’anni”, forse la traccia più bella del disco. Dopo l’autobiografica “Mio padre era un comunista” e la toccante “Una maternità” è tempo di due cover provenienti direttamente dalla precedente vita di Motta, i Criminal Jokers: possiamo così assistere alla nuova vita musicale di “Bestie” e “Fango”, intervallate dalla ben più recente “Sei bella davvero”. Conclude il polittico pre-uscita di scena la coinvolgente “Prima o poi ci passerà”.
Ma mancano ancora due pezzi alla fine di questo incredibile concerto: bis affidati a “Abbiamo vinto un’altra guerra” e ad un altro pezzo Made in Criminal Jokers, la poetica e delicata “Cambio la faccia”. Tutti in silenzio ad ascoltare gli ultimi versi: Cambio le ali / vado più in alto / ascolto il vento che mi spinge lento / in fondo al mare mi sono perso / come dei pesci nell’universo. Quiete, inchini, sguardi trasognanti e applausi. E brividi…sì, anche se è una notte incredibilmente calda.
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