Musica
L'intervista: L'amor mio non muore
In un’epoca in cui basta cliccare un tasto e si riesce a migliorare, stravolgere, cambiare e cancellare tutto, in cui il digitale ci permette di creare, archiviare e dimenticare tutto quello che produciamo (fotografie, video, testi e musica) tornare all’analogico può essere visto come una scelta da vecchi con le mani dietro la schiena che guardano i cantieri e parlano di quanto si stava meglio quando si stava peggio; se questa scelta è fatta da discografici, poi, si pensa subito che siano dei fricchettoni del nuovo millennio. E invece no, Alberto e Roberto, de L’amor mio non muore hanno scelto di fondare una casa discografica totalmente analogica per il grande amore ed il grande rispetto che hanno per la musica; ma non provate a chiamarli hipster!
Come nasce l’etichetta L’amor mio non muore?
L’etichetta L’Amor Mio Non Muore nasce da Alberto Bazzoli (me) e Roberto Villa, con la collaborazione di Cristian Fanti, dall’obiettivo di produrre fino al formato e alla vendita determinate realtà connesse allo studio di registrazione omonimo. L’idea è di un’etichetta non legata in particolar modo ai generi ma bensì alle sonorità e ai metodi produttivi analogici. I supporti scelti per le pubblicazioni sono i dischi in vinile di vario formato (33rpm, 45rpm e 78 rpm), i supporti magnetici (nastri e cassette) e le cartoline che cantano. In pratica otteniamo una catena produttiva in cui i computer non sono presenti: una cosa molto simile ad un prodotto artigianale.
Da cosa deriva la volontà di ritornare interamente all’analogico?
La volontà nasce innanzi tutto da una passione mia e di Roberto, il mio socio, coltivata prima come musicisti, per tanti anni, nell’uso e nella ricerca di determinati strumenti vintage, poi traslata alla registrazione. Non si tratta solo di collezionismo o feticismo, ma del bisogno di tornare ad un sistema di registrazione che conservi e non tradisca la nostra idea di suono e che soprattutto sia più vicina alla musica stessa. Quante volte vi sarà capitato di registrare il vostro disco o il disco di un altro, e poi a lavoro finito, non ritrovarvi in nulla in quello che state ascoltando? Oltre alle caratteristiche timbriche che comunemente gli si attribuiscono (calore, pienezza sonora, ecc..), il sistema analogico ti pone automaticamente nell’ottica di dover avere le idee chiare su quello che si andrà a registrare e su quale taglio si darà alla produzione prima di registrare. Di fronte non avremo Protools con infiniti canali dove mettere migliaia di strumenti vari alla ricerca di un’illuminazione. Questo senso del limite ci interessa. Ovviamente, la gente brava lavora così anche su sistemi digitali, ma noi preferivamo scegliere dal principio di non avere a che fare con questo tipo di possibilità. Tutto questo non lo vediamo come un ritorno al passato, anche perché per contesti culturali e storici differenti è impossibile avvicinarcisi, ma più come una valida e alternativa maniera di produrre musica oggi.
Se doveste descrivere il prototipo dell’artista che ha bisogno di voi, come lo descrivereste?
Musicisti curiosi, appassionati, gente che ha voglia di misurarsi con questo sistema, imparare a sentire come possono suonare diversamente le proprie cose in questo mondo. Perché no, anche sognatori, gente che pensa che il rock&roll non sia finito.
In che modo, secondo voi, l’analogico è “il miglior modo di fare musica”?
Come dicevo anche prima, i grandi vantaggi a nostro modo di vedere sono due:
- Il risultato timbrico sonoro
- La metodologia di lavoro che queste macchine ti impongono: idee chiare, ragionare, no sprechi.
Per non parlare del fatto che si può, in certi casi, risparmiare molto tempo e di conseguenza soldi e volendo fare filosofia c’è poca possibilità di nascondersi dietro un dito se la musica non gira.
Quali sono gli artisti che, ad oggi, si sono rivolti a L’amor mio non muore per registrare la propria musica?
Ad oggi gli artisti che si sono rivolti a noi provengono da diversi generi proprio per dimostrare la poliedricità di questo metodo di registrazione, ma hanno tutti un’attitudine e una visione di fare musica comune e sono, in ordine cronologico: Collettivo Ginsberg, Supermarket, Benny & the Cats, the Same Old Shoes, Paul Venturi & the Junkers, Befolks, Mr Zombie Orchestra, Stiv Cantarelli.
Il mercato analogico, in Italia, è limitato a una ristretta cerchia di appassionati e collezionisti o anche il “grande pubblico” apprezza e contribuisce ad aumentare la domanda?
È difficile dirlo con certezza. Il mercato del vinile è sicuramente cresciuto negli ultimi anni e l’artista ad oggi, se deve scegliere su quale supporto fisico farlo, 8 volte su 10, decide di farlo su vinile. Per me è anche difficile capirlo perché ho sempre comprato vinili, anche quando non erano di moda. Di certo se si entra in una negozio di dischi ora è impossibile non vedere gli LP in primo piano, mentre già solo due anni fa non era così. Se parliamo di registrazione la cosa è un po’ la stessa: tutte le produzioni di un certo livello e con un certo indirizzo si avvalgono di macchinari analogici, come i registratori a nastro, da sempre. Oggi si ha sicuramente più piacere a farlo notare, forse proprio in contrapposizione e per distinguersi dalla ormai logora produzione pop, in senso negativo, odierna. Credo che comunque si tratti di un sub-mercato che esiste ed esisterà sempre, quando poi le mode o il periodo storico fanno sì che il grande pubblico ne entri in contatto allora il bacino di utenza diventa più grande, come accade un po’ ora.
In che modo nascono i prodotti discografici in L’Amor mio non muore?
Come spiegavo la nostra caratteristica è quella di arrivare al prodotto finale senza l’utilizzo dei computer: non facciamo editing, non utilizziamo il digitale per masterizzare né per stampare i nostri dischi. Questo da un punto di vista di interesse di ascolto è quasi un unicum. Inoltre in tutte le cose mettiamo in gioco quello che è il background musicale e di gusti miei e di Roberto, che a volte può essere più storico-filologico, a volte più creativo, a seconda del tipo di proposta che stiamo creando. I macchinari che utilizziamo per fare le prese due multitraccia a 8 canali: uno Studer a80, quando vogliamo un risultato più hifi di maggiore qualità e un Tascam studio8, anch’esso su 8 canali, per sonorità più sporche e garage. Per la fase di mixaggio e di mastering passiamo tutto il materiale su registratori a 2 tracce o mono a seconda di cosa si è scelto. Anche qui possiamo scegliere tra registratori più saturi e generosi o più clinici. I master vengono accuratamente tagliati e rimontati in ordine di scaletta e mandati in stampa: questi saranno la sorgente sonora da cui si farà la matrice del lato A e B del futuro vinile.
Come si può proporre un lavoro discografico alla vostra etichetta?
Essendo un’etichetta strettamente correlata allo studio e avendo come uno dei contenuti principali da veicolare la modalità di registrazione, non pubblichiamo materiale già registrato da altri. Una band dovrebbe proporci quello che fa e poi, una volta scelti, registrare da noi ed essere seguiti e preparati in una fase di produzione artistica. Visti i vincoli è forse più facile che siamo noi a proporre ad un artista o ad una band di venire prodotta da noi, finora è avvenuto così. Unico caso in cui accettiamo proposte preregistrate è per una particolare sezione, attiva dall’anno prossimo, che si prefiggerà di restaurare e pubblicare del materiale storico inedito del panorama musicale del territorio Romagnolo, dal rock al liscio. Se avete quindi delle rarissime registrazioni su nastro (o su supporti restaurabili con le nostre macchine, no cd, file digitali ecc..) di materiale di oscuro interesse contattateci!
Ci spiegate cosa sono le cartoline sonore?
La Cartolina che Canta è un particolare prodotto, commerciato in Italia dalla Fonoscope negli anni ’50. Consiste in una comune cartolina da spedire (all’epoca erano di dimensioni leggermente superiori a quelle odierne), sulla quale è inciso, come un vinile, sul lato dell’immagine, un brano musicale. All’epoca in Italia erano molto comuni e ognuna raffigurava una città o un luogo di interesse turistico diverso, oppure altri riportavano gli auguri delle ricorrenze festive (Natale, Pasqua). Esistono anche rari casi in cui il formato cartolina è stato usato per promuovere musica: questo è il caso di Nel Blu Dipinto di Blu di Domenico Modugno, che rimane la cartolina più venduta all’epoca. Negli anni ’60 questo oggetto è andato via via sparendo fino ad essere oggi quasi dimenticato. L’idea mi è stata data da Enzo Calboli, proprietario di Calboli Dischi, il più antico negozio di dischi in Italia dal 1929, situato nella mia città a Forlì, il quale ne possiede una collezione intera. Insomma nulla si è inventato, ho avuto solo la pazienza e la curiosità di andare a cercare qualcosa di cui ci eravamo dimenticati.
Dire “analogico” nel 2016 fa subito giacche di tweed, risvoltini e biciclette a scatto fisso; promettete che non diventerete un covo di e per musicisti hipster!
Quando è stagione le giacche di tweed le porto da sempre volentieri, ma non sono di certo un hipster!
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