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Musica

Federico Cimini al Cortile Cafè di Bologna

Redazione Urban

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Giovedì 18 febbraio 2016: mi presento puntuale al Cortile Cafè di Bologna, birra d’ordinanza e bloc-notes (sono l’ultimo dei romantici, che dirvi), pronto per il mio primo concerto di Federico Cimini, giovane cantautore cosentino, classe millenovecentottantotto, emigrato nella città del dottor Balanzone dopo il liceo per seguire la sua passione per la musica. Fattosi notare con il disco d’esordio L’importanza di chiamarsi Michele (2013), attualmente gira la penisola con il suo Pereira Tour, a seguito dell’uscita del secondo ellepì, Pereira (2015), per l’appunto.
L’apertura del concerto è affidata a Caruso, (cog)nome d’arte di Giuseppe Caruso, anche lui calabrese, cosentino come Federico Cimini, che affronta il pubblico armato soltanto della sua chitarra: mentre intorno imperversa il frastuono, lui si difende con i suoi stornelli, piccole gemme da riscoprire una volta tornati a casa. Le sue composizioni acustiche si snodano delicatamente, una dopo l’altra, da Solo andata a Venerdì diciassette passando anche per Mangu cu’ Gass, prima del finale con Tirintirì. Cantautore schietto e sincero, sicuramente da tenere d’occhio, si è guadagnato i suoi applausi, nonostante l’enorme vociare abbia certamente pregiudicato la sua performance.
Qualche minuto d’attesa e si parte con il main event. Sul palco sono già pronti i musici che lo accompagnano: Giorgio Minervino a chitarra e tastiera, Antonio D’Amato al basso e Giacinto Maiorca alla batteria, quindi, accolto quasi come una rockstar, arriva anche Federico Cimini. Si parte subito forte con L’Assassino, non più ballata come in Pereira, ma incattivitasi nella veste live. Dopo tocca a L’Indifferente, una delle sue Canzoni Clandestine, e Insieme a Te, direttamente da L’importanza di chiamarsi Michele. Il pubblico sembra conoscere bene tutte le tappe della giovane carriera di Cimini e non fa mancare il proprio entusiastico apporto. Si canta con Lì con me e Bruno l’erede di Pino, quindi arriva il momento più atteso dal sottoscritto, ovvero la malinconica Ti amo Terrone, cantata a squarciagola, con mille accenti differenti, dal pubblico in sala. Dopo la canzone di chiusura di L’importanza di chiamarsi Michele, inno di ogni meridionale che decide di fare il grande passo, varcare il Rubicone per presentarsi all’altra metà di Italia, si torna a Pereira con Come Fare. Una cover di Disperato Erotico Stomp di Lucio Dalla scuote improvvisamente il Cortile Cafè, quindi si torna al repertorio di Cimini con, in sequenza, Bianca, Blu  e Teresa.
È però tempo di un’altra delle sorprese della serata: Lodovico Guenzi de Lo Stato Sociale, ospite della serata, sale sul palco per cantare insieme a Federico Cimini Quel giorno in cui credevo (di essere normale e invece mi sono dovuto nascondere), contenuta in Pereira ma già Canzone Clandestina #4. L’eponima Pereira precede la presentazione della band, mentre ci si avvicina alla fine del concerto con Questo è il mio paese, Pelleliscia e Diversamente scomodo. Torna Lodo per la seconda cover del concerto, Io sto bene, grande classico dei CCCP. Il pubblico non ne ha abbastanza e chiede a gran voce i bis: arrivano Jenny  e, infine, la serata si chiude con Stella cadente.
Tanti applausi e meritato bagno di folla. Federico Cimini continua ad incantare e a far cantare l’Italia, a partire proprio dalla “sua” Bologna. E di strada il ragazzo ne farà ancora tanta.
Ed ecco la mini-intervista strappata a Federico alla fine del concerto:
Ciao Federico, ho letto la tua biografia e ho visto che subito dopo il liceo hai lasciato la Calabria per Bologna. Sono passati 10 anni esatti, probabilmente è ora di tirare le prime somme: come sono andati questi primi 10 anni sotto le due Torri?
Hai fatto benissimo i conti. Sono stati sicuramente una gran figata! Ho conosciuto tanta gente quasi ogni sera, soprattutto durante gli ultimi anni, quando mi capita di uscire tanto; ma conta molto la musica, perché la musica ti fa andare in giro e ti fa conoscere persone, ti fa conoscere amici e ti fa conoscere musicisti. E quindi si creano amicizie, contatti, ed è bello perché si crea un bel giro, una bella scuola.
A proposito di amici che si incontrano nel mondo della musica, ha aperto per te Caruso, cantautore originario, come te, della provincia di Cosenza. Lo conoscevi già da prima o lo hai scoperto solo di recente?
Noi ci eravamo incrociati casualmente qualche anno fa in Calabria, avevo assistito ad un suo concerto e mi era piaciuto davvero tanto. Poi ci eravamo un po’ persi e per caso l’ho ritrovato a Bologna proprio in questo locale, il Cortile Cafè, e da cosa è nata cosa, insomma, abbiamo proposto insieme ai ragazzi dell’organizzazione di aprire questo concerto: a me faceva piacere, a lui anche…è stata una bella coincidenza.
E i ragazzi che ti accompagnano, invece, come li hai scoperti, come hai messo su questa band? E, inoltre, di chi è stata l’idea di avere come special guest Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale?
Questi ragazzi sono tutti del Sud, più o meno della mia zona, sono amici e adesso vivono come me qui al Nord, uno a Bologna, uno a Parma e uno a Pavia. Con Lodo ci siamo conosciuti qualche anno fa in un contesto bellissimo come quello di “Musica contro le mafie”, a cui ho partecipato nel 2012. Lui presentava la serata mentre io ero un concorrente: ci siamo incontrati nuovamente a Bologna – di solito ci incrociavamo nei concerti – e piano piano è nata una piccola e costante amicizia. Stasera l’ho invitato e lui ha detto di sì: devo dire che ci siamo divertiti molto entrambi.
Sei ancora in tour per promuovere “Pereira”, il tuo secondo album, uscito nel maggio scorso. Quante date ti mancano ancora e quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per il momento ho date fino a fine mese, poi ripartiremo ancora in primavera: è un tour che per il momento davvero non finisce più. Poi sto scrivendo altre canzoni, mi sto divertendo a sperimentare delle cose nuove ed è bello, mi sto davvero divertendo un sacco!
Infine, puoi regalare ai lettori di UrbanWeek una chicca, qualcosa di curioso avvenuto nella carriera musicale di Federico Cimini?
Oggi in molti mi hanno fatto delle domande simili, in particolare legate ai live, come la classica “Qual è stato il tuo live più bello?” a cui rispondo sempre “Il concerto di apertura a Manu Chao”. Invece vi regalo il più brutto: facevo una presentazione in un paesino di provincia, in Emilia, ed erano venute ad assistere soltanto quattro persone, di cui uno sicuramente venuto lì apposta per me, mentre gli altri erano sicuramente lì per sbaglio…
[Intanto il volume della voce della gioventù felsinea sveglia ed infastidisce la vecchia Bologna che dorme ai piani superiori: in breve, piovono secchiate d’acqua]
…Be’,aspetta, se volevi un’altra curiosità eccotela servita!
Fabio Fontanaro
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