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Musica

Matteo Toni e il suo Surf Metropolitano a Bologna

Redazione Urban

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Mercoledì 16 dicembre 2015 è una data cerchiata in rosso nei calendari di miliardi di persone in tutto il mondo: cinefili e fan di ogni latitudine non aspettano altro che l’uscita cinematografica del settimo capitolo della saga di Star Wars, A Force Awakens. Per gli appassionati di musica, almeno a Bologna, l’appuntamento è invece al Barazzo in Pratello (nella via storica della movida felsinea) per il concerto di Matteo Toni, ultimo evento della stagione della rassegna “La Fabbrica Live”. Non nascondo una certa curiosità di vedere in azione, dal vivo, questo artista entrato di diritto nella classifica KeepOn delle migliori rivelazioni live del 2013 e qualificatosi, a luglio dello stesso anno, per la finale dell’Arezzo Wave Love Festival.
Il cantautore modenese, scoperto da Umberto Maria Giardini (al tempo ancora Moltheni) nel 2009, non è certo uno degli ultimi arrivati nel mondo della musica, potendo vantare una carriera di tutto rispetto: oltre ai due album frutto del lavoro da solista, è stato anche leader dei Sungria, con cui vanta numerose collaborazioni e aperture eccellenti per artisti del calibro di Caparezza, Après la Classe, Marlene Kuntz e Meganoidi. Con l’attuale monicker ha perfezionato uno stile unico, ribattezzato Surf Metropolitano, di cui è il solo esponente al mondo, che nasce tra i palazzi di Modena, con una chitarra Lap Steel appoggiata sulle ginocchia e un’incontenibile voglia di mare.
L’apertura del live è affidata agli emiliani Fargas, in una formazione che prevede però il solo Luca Spiaggiari. Tra ritornelli graffiati e arrangiamenti delicati, l’altro modenese incanta, prima alla chitarra e poi, per la parte più consistente della sua esibizione, al pianoforte, e predispone il mood intimo della serata.
Subito dopo è il momento tanto atteso di Matteo Toni: inizialmente da solo sul palco, armato di Lap Steel Weissenborn sulle ginocchia comincia i suoi intarsi di note. Tra arpeggi e slide, fa capolino Bruce Lee vs. Kareem Abdul-Jabbar, traccia d’apertura di Santa Pace, primo album solista dell’autore emiliano. Dopo tocca a Isola nera e ad un’inaspettata interpretazione di Grazie dei fiori di Nilla Pizzi che ci riporta nel 1951 prima di trasformarsi in La fine del mondo. Quindi altre due cover impreziosiscono il concerto: Minha galera di Manu Chao, già contenuta nell’Ep Di pomeriggio cosa fai?, e Dio, come ti amo di Domenico Modugno. A questo punto Toni viene raggiunto sul palco da Mr. π che, seduto sul suo cajòn, dà il via a Credi ancora nel grande blu?
Grazie alle percussioni il concerto acquista ritmo, il pubblico si riscalda e si arriva alle canzoni più attese: I provinciali di nuoto, struggente e sincera nella sua nuova veste acustica, e Neve al sole, ripescata dall’Ep d’esordio Qualcosa nel mio piccolo. Il gran finale, prima del rituale bis rappresentato da Pietro e Maria, è affidato al singolone di Nilla! Villa!, Musica porno. A dispetto di quest’ultima canzone, però, questa musica non è affatto pornografia, è intimità, e gli applausi convinti del pubblico premiano l‘impronta tenue e soffusa del live. E Matteo Toni ringrazia tutti, sinceramente, uno slide alla volta.
Di seguito l’intervista a Matteo Toni:
Nel novembre del 2014 è uscito il tuo secondo disco, Nilla! Villa!, a cui è seguita, nell’estate scorsa, l’uscita dell’Ep Di pomeriggio cosa fai?, una rilettura più intima e più coinvolgente di questo album. Perché hai ritenuto necessario rimettere mano a questi brani, riarrangiarli e riproporli in questa nuova veste?
Questa decisione è dovuta ad un’esigenza venuta fuori tra me e Mr. π, il ragazzo che suona le percussioni e che, in particolare, in “Di pomeriggio cosa fai?” ha suonato il cajòn e qualche altro strumento: l’esigenza era quella di avere anche una veste acustica, principalmente motivata da un lato piuttosto reale che è quello di trovare posti adeguati dove poter fare ascoltare la nostra musica. Dopo aver cominciato il tour di “Nilla! Villa!” ci siamo resi conto piuttosto in fretta che, per quelli che potevano essere i nostri ambienti, alcune volte i live potevano essere di difficile comprensione, nel senso che sia in posti troppo piccoli, sia in posti gestiti male tecnicamente, il live non riusciva ad ”uscire” adeguatamente. Dopo una ventina di date, quindi,ci è balenata questa idea, che è stata comunque accompagnata da una certa gioia e voglia di vedere anche che tipo di sound poteva venir fuori. C’è stata anche una ricerca artistica, il non fare semplicemente un’estrapolazione nuda e cruda di quello che potessero essere le canzoni elettriche trasformate in acustiche, ma quella di rivederle, quasi come fossero, in certi casi, canzone nuove. Per me era anche un ritorno alle origini, poiché ho cominciato la mia “carriera solista” da Matteo Toni proprio in acustico e mi era anche capitato in radio, nei mesi precedenti al disco, di proporre alcuni di questi brani in acustico. E allora ho detto: “Perché no?”
Per la prossima domanda è necessaria una piccola premessa: personalmente vengo da una città di mare e conosco il rapporto quasi viscerale tra l’uomo e la natura che lo circonda, questa massa di acqua sempre presente nella sua vita, anche quando se ne trova lontano. Mi ha colpito molto, nei tuoi testi, questa onnipresenza del mare, nonostante tu sia di Modena, una città non proprio balneare. Come ti sei infatuato del mare, perché senti il bisogno di parlarne…e come sei quindi approdato al Surf Metropolitano?
La passione per l’acqua è sempre stata presente sin da bambino, ho nuotato parecchio in piscina, mio malgrado, non in mare e diversi anni fa mi sono anche appassionato al surf da onda. Il mare nei miei testi rappresenta un simbolo, in realtà,di un obiettivo a cui tendere che esprima qualcosa di superiore: Dio, probabilmente, ma anche la felicità che tanto bramiamo, la calma, la rilassatezza e persino la violenza, perché il mare può essere violento. Quindi lo trovo un bellissimo simbolo da inserire come ingrediente in storie che possono accadere nelle mie canzoni, probabilmente il fatto di viverci lontano, di non poterlo vedere, rafforza questa idea tutte le volte che mi ci trovo vicino.
Questa rappresenta una tappa intermedia del “Di pomeriggio cosa fai tour”, che dopo ti porterà in giro per altre tre regioni italiane prima della chiusura a Modena. Come riesci a conciliare il bisogno, quasi la smania, che ha l’artista di portare in giro la propria musica con la famiglia e i legami affettivi?
È molto dura, in realtà, ho una moglie e due figli piccoli che ovviamente richiedono molta attenzione, ma nello stesso tempo la mia famiglia mi ha conosciuto così ed in una qualche maniera spero mi apprezzi per quello che sono. Bisogna fare dei sacrifici, molto spesso mi ritrovo ad esercitarmi e a suonare di notte, quando tutti vanno a letto, però è una passione, al di là del secondo “lavoro”. La passione è talmente forte e sono sempre riuscito a gestirla, in qualche modo.
Hai detto di avere due figli piccoli, quale delle tue canzoni usi come ninnananna?
Introduco sempre “I provinciali di nuoto” (N.d.R. contenuta in “Santa pace” del 2012) con una storia, che esprime anche questo legame con l’acqua. In realtà questa canzone, probabilmente una delle mie preferite del mio repertorio, è una dichiarazione d’amore verso la mia compagna mentre era incinta, e questo spesso lo racconto sempre alla mia primogenita e abbiamo passato tanti momenti a cantarcela assieme. Questa credo sia la più esplicita. Per il momento al piccolo ho dedicato un poster, invece.
Parlando dell’altra metà della tua band, come nasce il tuo sodalizio artistico con il percussionista Mr. π? E, per tenere fede al suo nome, ti “costringerà” a comporre solo brani dalla durata di 3 minuti e 14 secondi?
Bellissima questa! Mr. π, ovvero Matteo Gazzotti, è un amico di vecchissima data con cui ci siamo incontrati nuovamente all’inizio del tour. Ha cominciato a suonare con me visto che il batterista precedente, con cui ho realizzato i lavori passati, ha cambiato strada. Noi comunque ci conosciamo da quando avevamo 16 anni e già allora suonavamo in band differenti. Io ho sempre avuto questo pallino, messo lì da parte in tutti questi anni, che ogni tanto saltava fuori: mi chiedevo se mi sarebbe mai capitato di suonare insieme a lui… e alla fine è successo.
Per concludere: quali sono i progetti futuri di Matteo Toni?
Il motivo per cui ho deciso con La Fabbrica, che è il booking che mi “gestisce”, di terminare il tour a gennaio è che desidero mettermi subito al lavoro sul materiale nuovo. Ho due cose in mente: una più vicina a quello che faccio adesso, continuare a scrivere alla chitarra acustica per proseguire questa sorta di mood più vicino al cantautorato, ed una totalmente diversa, che non so ancora neanche io che piega prenderà e che in questo momento mi stimola molto di più.
E dentro di me, mentre gli auguro un “in bocca al lupo per il futuro”, sono sicuro che non ci deluderà.
Fabio Fontanaro
http://credit-n.ru/zaymyi-next.html

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