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Il Concerto: I Ministri a Catania

Redazione Urban

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Il 14 novembre 2015 è la tappa numero otto per I Ministri al Barbara Disco Lab di Catania. La band, dopo due anni di attesa è finalmente di nuovo in tour, per portare in tutto lo stivale l’ultimo lavoro in studio, Cultura Generale. Si tratta del loro quinto album, realizzato quasi totalmente in presa diretta a Berlino negli studi della Funkhaus e curato dal noto Gordon Raphael, produttore degli Strokes, Regina Spektor e molti altri. Nessuna sorpresa in questo nuovo album, ma senza dubbio non manca quell’elemento che basta a rassicurare i membri del gruppo: la conferma. La conferma di una band che per suoni e per idee, ritroverai ancora una volta dalla tua parte, anche dopo un periodo di lontananza dalla scena musicale.

Ad aprire il concerto è il cantautore Giovanni Truppi e il locale nel frattempo continua a riempirsi piano piano. Potrebbero bastare poche ed efficaci parole per esprimere l’esibizione de I Ministri lo scorso sabato, tipo quelle espressioni sicule e colorite come: “ ‘Mbare, I Ministri a Catania hanno spaccato!! ”. Ma vedrò di fare del mio meglio e di approfondire ciò che è accaduto. . .

I brani Cronometrare la polvere e Balla quello che c’è, segnano l’inizio del concerto. A seguire una prima chiacchierata di Divi con il pubblico, con il suo immancabile commento al fatto di cronaca, che nelle ultime ore ha sconvolto l’Europa e il mondo intero, (parliamo chiaramente dell’attacco terroristico a Parigi). E il ringraziamento del cantante va a tutte le persone che, pur sentendosi incaute, hanno deciso di venire lo stesso al concerto.

Si riprende a suonare con uno dei pezzi forse più amati, uno di quei brani che ci rappresentano e che sentiamo come nostri: Comunque. Il pubblico, accorso numeroso, chiaramente si scatena, mi guardo attorno e mi accorgo che quasi tutti conoscono benissimo le parole delle canzoni. Voce e braccia in aria. Qualche piccolo problema tecnico non ha impedito alla band di esprimersi magistralmente. Due le chitarre, gagliarde, sono quelle di Federico Dragogna e Marco Ulcigrai, che vengono fomentate dalla batteria incalzante, aggressiva, di Michele Esposito. Un suono rock trascinante, energia ed esplosione. Il tutto accompagnato da una voce graffiata e dalla forte capacità interpretativa, e da parole con le quali potersi immedesimare, che parlano di noi, di chi siamo e di quello in cui crediamo. Perfetta la sintonia tra i membri e perfetta l’interazione con il pubblico. I Ministri lanciano generosi “reliquie” come bacchette, plettri e bottigliette d’acqua e Divi cerca il contatto diretto. Il cantante evidentemente nutre piena fiducia nei confronti del suo pubblico e si tuffa più volte, su quello che ha carinamente definito “il materasso più morbido della storia”, regalandoci così un lunghissimo stage diving durante l’esecuzione de Il Bel Canto. Sfoggio strumentale per godere e tensione ritmica tenuta prevalentemente alta, con dei momenti di distensione (ma mica tanto), in ballate come Sabotaggi, la bellissima Una Palude ed Io sono fatto di neve, quest’ultima a mio parere, la vera chicca del nuovo album.

Potremmo muovere davvero l’Italia con uno schiocco di dita, ci fa piacere vedervi così partecipi!”, commenta così il cantante. La band dimostra ancora una volta di saperci fare e di rendere particolarmente dal vivo. Un vero peccato per chi non era a questo concerto. Un gruppo assolutamente da vedere almeno una volta.

Numerosi i ringraziamenti: ai tecnici, al locale, all’organizzazione, ai fuorisede, al pubblico tutto, e al ragazzo che gli ha portato gli arancini… “un’altra forma di terrorismo” (così ironizza il cantante). 

Ricordiamoci che un concerto così come inizia, così finisce. Quello che purtroppo non è successo ieri a Parigi. E allora dovremmo forse ringraziare la buona stella…di questi tempi è una fortuna finirlo”.

Divi con queste parole, ci conduce verso “l’ultimo atto”, verso Abituarsi alla fine.

Scaletta:

Cronometrare la polvere, Balla quello che c’è, Comunque, Gli alberi, Idioti , Il sole (è importante che non ci sia), Le porte, Mammut, Sabotaggi, Non mi conviene puntare in alto, Spingere, Macchine sportive, Tempi bui, Una palude, Vivere da signori, Il bel canto, Noi fuori, Io sono fatto di neve, Diritto al tetto, Abituarsi alla fine.
Il Barbara si dimostra ancora una volta un locale accogliente e in grado di portare in città la migliore scena musicale indipendente.
Simona Bascetta
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