Musica
Andiamo a quel paese con Dimartino
“Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile” lo ha consacrato come uno dei cantautori di punta della musica italiana contemporanea. Il 23 Aprile è uscito “Un paese ci vuole“, il nuovo album di Dimartino, in cui se da un lato riprende il discorso interrotto nel disco precedente, dall’altro si distacca in maniera molto evidente, creando un vero e proprio concept in cui il ritorno “al paese” sta al centro di tutto. Il resto lo fanno le corde vocali dell’artista siciliano, sempre più consapevole della sua timbrica e del suo utilizzo, e la musica, dal pop più riconoscibile all’alternativo che non stanca, sullo sfondo di un suono elegante e tipicamente mediterraneo, che in alcuni casi prende il sopravvento (“L’isola che c’è“).
“Come una guerra la primavera“, il primo singolo lanciato già a marzo, (ri)propone la descrizione della provincia, quella provincia difficile e poetica, marchio di fabbrica di Dimartino e leitmotiv del disco.
Così come la quotidianità della vita del paese di “Da cielo a cielo“, descritta con una precisione di immagini quasi cinematografiche.
Il viaggio sta al centro di “Niente da dichiarare“, quel viaggio che bisogna intraprendere per scoprire il mondo oltre il proprio orizzonte, in cui Dimartino tratteggia bene anche il contesto attuale in cui ci stiamo muovendo, invitando il protagonista della canzone ad abbandonare questo luogo in cui << i parlamenti non parlano di niente e seguono le logiche>>.
“Case stregate” è tra i pezzi più riusciti forse, dove il pianoforte e gli archi disegnano note nostalgiche e malinconiche. Il brano però sembra essere “rimasto fuori” dal disco precedente, data la ripresa di toni e immagini surreali tipiche di “Sarebbe bello non lasciarsi mai…”
Il ritorno è al centro di “La vita nuova“, dove la storia di un ragazzo che torna (al paese) è lo specchio di tantissimi che vanno via per lavoro, in paesi apparentemente più felici, costruttori di certezze e Stati che funzionano bene. Ma quando << ritornano dalle vacanze, non vanno più via>>.
“Un paese ci vuole” viene impreziosito da due collaborazioni con due importanti artisti che Dimartino in questo disco ha voluto a tutti i costi: “I calendari” vede la partecipazione di Cristina Donà, che dona un tocco di sensualità al “paese” con la sua voce inconfondibile. Invece “Una storia del mare“, scritta e cantata con Francesco Bianconi dei Baustelle, possiede un’incisività fuori dal comune, con un arrangiamento a tratti retrò, dal gusto mediterraneo e marittimo. A fare da padrone in questo pezzo è il mare appunto, quello che d’estate fa riempire il paese del
<< turismo di massa, turismo e corrente di gente che viene e poi se ne va >>. In questo brano, come in “L’isola che c’è“, la dimensione e la natura del paese è in maniera evidente quella siciliana, che se persiste in tutti i brani del disco, senza però assolutizzarne la geografia del luogo, in questi due diventa fin troppo riconoscibile e volutamente esplicito.
“Stati di grazia” e “Le Montagne” continuano il racconto del paese, cambiando però suoni, a tratti avvicinandosi al pop fine ’80, e gli elementi di descrizione, come le montagne, che se da un lato si oppongono alla natura già tratteggiata del mare, dall’altra completano il racconto di un patrimonio, il paese, che Dimartino ha (ri)scoperto in questo disco.
“Un paese ci vuole” è un disco valido, pieno di storie e sensazioni che possiamo condividere tutti, a prescindere dalla provenienza geografica. Ha infatti il merito di raccontare le piccole realtà, come a volte ci stanno strette e come altre volte le ricerchiamo. Musicalmente però possiede un limite: alcune canzoni sono un po’ ripetitive, non garantiscono quel passaggio da un brano all’altro con la facilità di “Sarebbe bello non lasciarsi mai…“. Probabilmente perchè si tratta di un lavoro in evoluzione, una tappa intermedia fra quello che è stato e quello che sarà Dimartino. Una tappa obbligata però. Una sosta piacevole per assaporare il paese.
Fabrizio De Angelis
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