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Best New: The Orange Beach presentano Amateurs

Redazione Urban

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I The Orange Beach ci raccontano il loro secondo album, Amateurs, più malinconico rispetto all’esordio Fuzz you!!!  e che riflette la voglia di sperimentare e cambiare senza, però, rinnegare il passato.
 
Il vostro ultimo disco, Amateurs , è frutto di un lavoro abbastanza lungo, durato quasi un biennio. Problemi logistici o semplice voglia di curare tutto nel dettaglio?
Entrambe le cose. Innanzitutto c’era la precisa volontà di fare un disco diverso dall’altro, che esplorasse altri scenari senza rinnegare il nostro modo di suonare e scrivere (che sono praticamente la stessa cosa). Abbiamo prima allargato la formazione ad un sax ed alle percussioni e dopo un giro di live ci siamo fermati. Abbiamo lavorato su 2 demo in trio e poi abbiamo trovato la nostra formula con Antonio Perillo alle percussioni. In più, per lavoro ed altre ragioni, abbiamo avuto un triennio un po’ movimentato e non sempre siamo riusciti a lavorare come avremmo voluto.
Il vostro esordio, Fuzz you!!!, risale al 2010: cosa è cambiato da allora? Cosa dobbiamo aspettarci di diverso in Amateurs e cosa, invece, è rimasto uguale nel vostro approccio alla musica?
Beh, intanto sono cambiati gli umori: Fuzz you!!! era festaiolo alquanto, Amateurs è un po’ più malinconico, diciamo l’hangover del giorno dopo. Poi è cambiata, come accennavo prima, la lineup e le percussioni incidono tantissimo in alcuni brani. Ci sono anche più brani cantati, il che è abbastanza anomalo rispetto a Fuzz You!!!. Anche il suono dei 2 album è molto diverso: il primo era praticamente rock ‘n roll in presa diretta;  Amateurs, per quanto la base (chitarra,basso e batteria) sia stata fatta comunque live in studio, è stato oggetto di molti overdub ed il suono è stato immaginato in un certo modo già in fase di acquisizione. Poi è cambiato il produttore:  Fuzz you!!! era stato prodotto da Kramer, Amateurs  è stato prodotto da me anche se mix e mastering li ha curati sempre Kramer nel suo studio in Florida. Di uguale nell’approccio restano l’autoironia  e la voglia di non prendersi troppo sul serio anche se diventa sempre più complicato (età, epoca); di sicuro restano un certo approccio ritmico un po’ sghembo e personale oltre che l’utilizzo di elementi armonici presi in prestito da altri linguaggi per adeguarli ad un contesto musicale completamente diverso.
Raccontateci qualcosa della vostra storia : quando nascono gli Orange Beach?
Una storia abbastanza banale: io, Agostino e Maurizio ci conoscevamo da un po’ anche se non avevamo mai militato nella stessa band contemporaneamente. Avevo dei brani ed iniziammo a lavorarci su (credo fosse fine 2005). Dopo qualche mese registrammo una demo e partecipammo al MEI contest arrivando terzi. Iniziammo a suonare live, tanto, e continuammo a registrare. Fummo inclusi in qualche compilation e fummo notati da Kramer su Myspace. Iniziammo a collaborare e poi lui ci propose di registrare per la sua etichetta. Abbiamo portato in giro il primo lavoro suonando molto, ma senza riuscire a spostarci troppo dalla nostra zona (Campania, Lazio, Molise) e dopo un po’ ci siamo presi del tempo per preparare il lavoro nuovo.
Chi ha collaborato alla realizzazione di  Amateurs?
Innanzitutto i Di Fusco Bros (Fabio e Giovanni) titolari dello Studio12 con cui ho collaborato per  molti altri lavori; per Amateurs abbiamo deciso di inaugurare un vero e proprio team di produzione (Studio 12 Recordings) che vedrà proprio il nostro album come prima uscita. Poi Ferdinando Ghidelli, storico musicista casertano, che ha suonato la pedal steel in 2 brani, Francesca Noviello che ha cantato in Waterfall ed Alfredo Parolino dei Bufalo Kill che ha suonato l’armonica in Black Suv. Come detto in precedenza alla formazione si è aggiunto in pianta stabile Antonio Perillo alle percussioni.
Quali storie raccontate  nel vostro ultimo album e quale genere musicale riesce ad esprimere appieno le vostre emozioni?
Di storie ce ne sono diverse e tutte reali: “Khaled” è dedicata ad un chitarrista palestinese, Khaled Al Sheikh Qasem con cui ho stretto amicizia mentre prestavo lavoro da volontario e che mi ha stimolato moltissimo dal punto di vista chitarristico; “Ss7 Quater” parla della condizione dei tanti rifugiati ed immigrati che popolano il tratto di Domitiana più vicino alle nostre case ed è dedicato alla memoria di Jerry Masslo; “Proto” è il nome di una base logistica Nato ormai abbandonata nel cuore della montagna che sovrasta le nostre case; “Danny The Doc” è dedicata alla memoria di un nostro carissimo amico, Daniele “il Doc” che è morto prematuramente; “Orange Skyes” è un tentativo di raccontare l’angoscia per un futuro sempre meno nitido, così come “The Unpredictable” anche se da una prospettiva completamente diversa;  “Black Suv”, forse il brano più scanzonato e rock n roll, dedicato ai tanti tenebrosi alla guida dei Suv che ti si attaccano al culo coi fari accessi. Poi ci sono brani strumentali come “Pop1G” e “Sagra” che molto semplicemente tentano di mettere in musica degli stati d’animo , ma non vorrei dare troppi riferimenti: mi piacerebbe che chiunque li interpretasse senza mediazioni, secondo la propria personalissima percezione. L’unico “racconto di fantasia” è “Waterfall” che chiude l’album: una sorta di incrocio tra generi diversi in salsa psichedelica. Come genere non saprei davvero cosa risponderti: diciamo rock nelle sue infinite declinazioni, ma siamo degli onnivori.
Vi aspetta un tour promozionale?
Al momento non saprei ancora dirlo. Sicuramente promuoveremo l’album live, ma non abbiamo ancora deciso con quale booking collaborare. Per ora “andremo a trovare” i tanti amici che ci hanno apprezzato e sostenuti negli ultimi tempi, poi decideremo.
 
A cura di Laura De Angelis
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