Musica
Best New: Io Non Sono Bogte
Daniele Coluzzi, in arte Io Non Sono Bogte, ci racconta del suo nuovo EP, di cosa è cambiato rispetto al debutto, del suo amico immaginario e dell’ossessione di piacere agli altri. E di musica, naturalmente!
Cominciamo dall’inizio: raccontaci come e quando nasce Io Non Sono Bogte e del perché hai scelto di chiamarti così
Io Non Sono Bogte nasce qualche anno fa, il personaggio di Bogte nasce invece quando ero piccolo: un amico immaginario, un altro me da incolpare quando facevo qualcosa di sbagliato, e poi un nickname nel corso degli anni. Ad oggi per me dire “Io non sono Bogte” significa dire che non sono più quello che sono stato in passato, ma posso essere qualcosa di nuovo, quello che voglio io.
Nostalgia Apatia Fantasia è il titolo del tuo nuovo EP: tre differenti stati d’animo che descrivono cosa esattamente?
La nostalgia è uno stato d’animo molto pesante. Provo nostalgia per tante cose, finite e non finite, è come un filtro con cui vivo le esperienze passate e presenti. Poi la nostalgia la puoi trasformare in due cose completamente diverse: farla diventare apatia, qualcosa di completamente improduttivo, oppure trasformarla tramite la fantasia, l’immaginazione, inventarsi continuamente nuovi metodi per stare meglio.
Rispetto a La Discografia è morta e io non vedevo l’ora, disco d’esordio arrivato tra i candidati alla finale della Targa Tenco 2013, quest’ultimo lavoro appare più minimalista da un punto di vista musicale, come se volessi dare maggiore risalto ai contenuti dei brani. Cosa è cambiato rispetto al debutto? E da cosa prendono spunto le storie che racconti?
È cambiato tutto, in effetti. Il sound è completamente diverso, manca quel muro di chitarre elettriche che c’era nel primo disco, e ci sono invece molti synth, pianoforti e chitarre acustiche. È tutto molto più pop, e, paradossalmente, lo sento come un disco molto più sincero rispetto al precedente. Gli argomenti questa volta sono tutti presi dalla mia vita personale; in queste canzoni non parlo della discografia o dell’omofobia, ma della mia vita, delle cose che di me butterei e quelle che salverei.
Come vedi la scena indipendente italiana e in che modo il tuo progetto musicale si colloca all’interno di essa?
Credo che il mio progetto musicale non si collochi affatto nella scena indipendente italiana. Vedo una certa resistenza da parte di un certo circuito ad accettare che si possa fare anche del pop e scrivere testi che non parlino necessariamente di assurdità, ma di cose semplici che viviamo tutti. Sono stato un grande appassionato di musica indipendente negli anni passati, l’ho vista come una grande occasione per svecchiare l’intera musica italiana. Ad oggi vedo tante macerie: dischi molto attesi ma completamente deludenti, progetti che si sgonfiano nel giro di qualche mese, e tanto tanto parlarsi addosso.
Il singolo di lancio è Io Non Sono Bello e racconta la nostra ossessione di piacere agli altri, soprattutto in tempi in cui i social network sono diventati un specie di grande palcoscenico in cui esibirsi ogni giorno. Tu che rapporto hai con la tua immagine e con i social?
Ho avuto sempre un rapporto molto difficile con la mia immagine: non mi è mai piaciuto nulla di me, e per anni mi sono fatto la guerra. È proprio per questo che ho voluto mettermi alla prova con “Io non sono bello”, che parla proprio di questa caratteristica comune di non piacersi mai e di non sentirsi mai all’altezza. Nei video precedenti quasi mi nascondevo, in questo, invece, ho voluto espormi, mettermi in gioco, rischiare di venire male in video ma comunque esserci. E la stessa cosa sui social, fare delle foto e pubblicarle è stata per me l’occasione per guardarmi davvero.
Ti vedremo in tour?
Sì, nei prossimi mesi si viaggia!
A cura di Laura De Angelis
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