La Ragazzina dai Capelli Rossi è una band dalla tripla anima: poetica, elettronica e musicale. Ciò che ne viene fuori è una musica elettronica sulla quale un recitato ci narra la vita che oscilla come un pendolo tra la passione e la morte. “Todestrieb” è il loro primo album, uscito il 13 maggio per la Diavoletto Netlabel. La Ragazzina dai Capelli Rossi sono: Marco Monaco, appassionato di letteratura e studente di filosofia; Fabio Carbone, ingegnere e sound designer; Andrea Lalli, polistrumentista e cantautore e infine Alessandro Graciotti, chitarrista già noto per il progetto di musica noise-elettronica Aspect Ratio.
Ciao! Domanda di rito per i più curiosi, perché La ragazzina dai Capelli Rossi?
Ciao Federica! Il nome del gruppo è stato scelto dal nostro Fabio Carbone e fa riferimento al famosissimo personaggio dei Peanuts di Charles Schulz : ‘la ragazzina dai capelli rossi’ follemente amata da Charlie Brown ma mai raggiunta. Questo personaggio non verrà mai disegnato da Schulz, proprio per sottolineare l’ineffabile e l’inafferabile che esso rappresenta. “La ragazzina dai capelli rossi” inoltre si trascina dietro un velo di semplicità e d’ingenuità proprio dei bambini e di quel periodo della vita indimenticabile che è l’infanzia. Ci piaceva quindi l’idea di creare un forte contrasto tra quest’immaginario, che il nome richiama, con i testi e la musica molto più complessi e a tratti violenti, ma di una violenza quasi “giusta”, come quella di cui sono capaci i bambini.
Come vi siete formati? Vi conoscevate già prima di diventare un gruppo musicale?
Ci siamo incontrati tutti a Bologna dove studiamo e lavoriamo. Inizialmente il gruppo era costituito solo da Marco e Fabio, in quanto Fabio aveva letto delle poesie e dei racconti che Marco aveva scritto e gli erano piaciuti molto. Si iniziò quindi a provare una sorta di spettacolo, un reading poetico, basato sostanzialmente sull’improvvisazione. Il tutto ha poi assunto la forma di canzoni, molto più ben fatte e strutturate, con l’ingresso nel gruppo di Andrea, che ha dato una svolta al progetto grazie alla sua esperienza di musicista. L’ingresso infine di Alessandro ha permesso che il sound si rifinisse e assumesse la forma attuale, ossia di un flusso sonoro capace di far convivere accordi nevrotici e ritmi veloci con melodie dolci e lievi.
La vostra musica si caratterizza per il recitato misto ad un ritmo electro frenetico. Perché la scelta del recitato?
Il recitato non è stata una vera e propria scelta, nel senso che non si è mai deciso di dar vita ad un progetto solo recitato come gli Offlaga Disco Pax o i Massimo Volume ecc., oppure che inframmezzasse il recitato con parti più o meno cantate come fa ad esempio Vasco Brondi. Marco ha iniziato a recitare sulla musica perché la natura dei testi era quella di poesie o racconti e per far sì che essi potessero essere cantati occorreva effettuare un lavoro di tagli e modifiche che Marco non era disposto ad eseguire, per non compromettere e snaturare i testi stessi. Non è escluso che in futuro La Ragazzina possa rinunciare del tutto al recitato.
Leggo che il gruppo ha tre dimensioni: poetica, elettronica e musicale. Come queste interagiscono tra loro per poi fondersi nella musica?
Sì, è vero, La Ragazzina ha un’anima ‘tripartita’, come la immaginava Platone, nel senso che queste tre parti convivono tra di loro ma molto spesso si fanno guerra e dai conflitti vengono fuori le canzoni. La musica della Ragazzina si nutre di contrasti e contraddizioni, è proprio questo che tentiamo di raccontare, gli innumerevoli contrasti che si annidano ovunque nella vita e che il più delle volte vengono sottaciuti. Non potevamo dunque partire da un’unica dimensione predominante e stabile, a noi piace molto complicarci l’esistenza, mostrare come anche le cose che sembrano così scontate in realtà se osservate con attenzione si mostreranno terribilmente articolate e barocche. Il nostro è anche un lavoro sull’attenzione, vorremmo che certe cose si tornasse ad ascoltarle con la voglia di scoprire e capire, senza il timore che non nascondano nulla, che siano vuote menzogne, ma anzi sempre con la certezza che ad un certo punto si possa scoprire un tesoro.
“Todestrieb” richiama il concetto freudiano di pulsione di morte e allo stesso tempo di passione, voi avete trasportato questo nei testi dell’album. I vostri personaggi vivono nel caos, ma poi cosa li salva? Quale delle due pulsioni ha la meglio?
Il termine ‘Todestrieb’ vuol dire solo ‘pulsione di morte’, venne usato da Freud, per la prima volta in Al di là del principio di piacere, una bellissima e complessa opera in cui si teorizzava la presenza nella psiche, oltre alla ‘pulsione sessuale’, anche di una coazione alla ripetizione di atti ed episodi spiacevoli, inerenti appunto alla ‘pulsione di morte’. È nello svolgersi della vita che queste due pulsioni lavorano insieme e l’una si nutre dell’altra tanto da non poter quasi mai distinguere veramente un atto d’amore da uno di morte. Le canzoni parlano di ciò, e il più delle volte i personaggi declamati non vengono fuori da questa selva di “incredibili nodi” come si dice in “La neve guarirà”. Proprio come nella vita reale non c’è mai una netta predominanza di una delle due pulsioni, si tratta di un’eterna lotta, di un eterno contrasto, così disperato ma ancora, se si guarda bene, così tenero e divertente.
Federica Monello
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